Alba Avesini, di Verona, traduttrice dei balloon di Asterix del duo Goscinny/Uderzo, autrice di lavori per bambini e redattrice, nell’arco di una vita intera ha vergato a penna su quaderni colorati, composto diligentemente con una vecchia macchina da scrivere con qualche tasto bislacco, riempito mezze pagine di diari di lavoro, annotato su pezzi di carta di origine sconosciuta, una serie di versi allegri e profondi, rime riflessive e amare, composizioni solari e amorevoli che sono la traccia evidente di una esistenza, di un viaggio lungo e denso di accadimenti.
Ancora più vere e rivelatrici si fanno le parole quando poi si scopre che quelle mai avrebbero dovuto essere divulgate, e sarebbe stato davvero un peccato. Invece qualcuno, con lo stesso amore che ha accompagnato quei momenti di introspezione e di creatività, ha raccolto e ricomposto graffi, solchi, trame e impronte restituendo in un libro la poliedrica anima di quella donna. E già questo sarebbe motivo sufficiente per farne pane da con-dividere e apprezzare. Però scorrendo le righe di minuta scrittura si scoprono mille riferimenti musicali, dagli improbabili autori messi a vigilare ironicamente le strofe, e si leggono un Jacques Brel tradotto da Pagani, e poi Paoli, Tenco, Lauzi, a chiari suggerimenti compositivi nascosti tra i versi. Favonius è il nome latino di un vento caldo che spazza i cieli italici da nuvole e, nella piana del Po, dalla cappa di smog che a volte diventa ostinata. Certo, ma è anche paradossalmente il nome di un gruppo che offre ventate di dolce freschezza a una terra, la Puglia, che è abituata a quelle scorribande calde che sposano bene taranta e vini inebrianti. Come che sia quel libro di pensieri già pensati a tempo è finito da Verona nelle mani capaci dei componenti della band pugliese, e l’illuminazione melodica deve essere stata rapida e felice.
Quella che ho per le mani è la terza opera del gruppo, un ensemble composto da musicisti di esperienza, già rodati al momento di unirsi nel nome del vento, ovvero: Paolo Marrone alla voce, Mimmo Petruzzelli al sax, Lucio Pentrella alle chitarre, Stefano Capasso a piano e fisa, Antonello del Sordo alla tromba, Giovanni Mastrangelo al basso, Giuseppe Guerrieri alla batteria e Piernicola Morese alle percussioni, affiatati e sensibili, già abituati a jazz e bossa, swing e canzone d’autore. Le prove musicali delle poesie di Alba sono state poi spedite ai due curatori della raccolta, Enrico De Angelis e Francesca Rizzotti. Il lavoro a quel punto è decollato verso altri lidi poiché è venuta naturale l’idea di personalizzarli e impreziosirli con interpretazioni a doppia voce.
Brioso lo swing “Un libro, un disco”, che mette a suo agio la collaudata Rossana Casale; a cappella la partenza di Erica Mou per una intensa “Appoggiati a un muro” sostenuta da fisa e clarinetto, e a cappella la giusta citazione di lontano lontano di Paolo nella cantautorale “Elegia”, che fa seguire all’intervento di Paola Turci un’esplosione di sax da brividi; ancora densa e consapevole “Eternità” “ti sembra vero e facile / odiare l’esistenza / togliere il tuo sigillo / ma tu non cambi il mondo” e qui è Alice a sentenziare l’inevitabile rinuncia; non poteva che essere una bossanova “Sul viale M.C.” con Patrizia Laquidara a passeggiare in simbiosi con un cane lontano dalla pazza folla, “lui annusa grossi alberi / io prendo a calci una castagna… / i nostri pensieri si confondono / lui rincorre la mia castagna / io annuso gli alberi / che sanno di pioggia… / le nostre vite si assomigliano, ognuno invidia un poco l’altro”; è Margot a recitare le mille “Parole” che sono l’estasi e la dannazione d’ogni rapporto, mentre la ritmica “Funghi” è un virtuosismo letterario sensuale e allegramente allusivo, e anche qui è indovinata la scelta dell’interprete, Petra Magoni, lo schiaccio lo stringo, inarco il torace, se spengo la luce divento più audace, lo plasmo, lo mungo, quel fungo mi piace, mi sembra di pongo…
Alla teatrale “Un pianoforte”, che conta la presenza di Momo e nasconde un’infanzia di piccole gioie e piccole privazioni, segue “Vattene ansia” cantata da Giovanna Marini, i cui versi danno idea delle voragini che si aprono all’improvviso lungo i giorni e accompagnano l’esistenza, da nascondere possibilmente agli occhi, per non impazzire vattene ansia rabbiosa di vivere… / lasciami sola, indifferente / nella pioggia di giorni sempre uguali / in questo sole di paura… strazia anche il violino del maestro Mauro Pagani.
La bella voce di Paolo Marrone chiude la cover della sempre meravigliosa “Canzone dei vecchi amanti” di Brel, e scoprire che Alba, mentre ascolto coinvolto, se la fece suonare da una inconsapevole organista al proprio matrimonio facendola passare per un’antica musica sacra mi porta a un enigmatico sorriso sghembo. Bello.
(Alberto Marchetti)