Realizzato nel 2014 ed uscito l’anno successivo per la fedelissima Aagoo Records, il disco celebrazione per i 30 anni di attività nella musica di un maestro del rumore e della deframentazione sonora, Philippe Petit riesce sempre e comunque a far parlare di sé.
Criticato e lodato in egual misura da tutto l’ambiente musicale europeo l’eclettico musicista francese riassume in 3 misteriose tracce tutte le sfaccettature di un percorso musicale interiore che sembra non avere mai fine. Battuti ormai tutti i confini della musica elettronica e non, l’artista sembra avvicinarsi ad una lieve svolta melodica che in ogni caso non lo inserisce in nessun tipo di filone musicale ad oggi conosciuto. La completa incapacità da parte della critica e probabilmente anche da parte di se stesso, di definire uno schema mentale e sonoro quello che in qualche modo è il suo genere musicale non lo rende solo un esperimento affidato al caso e al puro caos; rinforza anzi la tesi più volte sostenuta anche da lui stesso che le sue sperimentazioni abbiano l’obiettivo di percorrere e sperimentare tutte le possibilità che l’infinito mondo musicale gli propone. Così in questi 45 minuti si identifica un nuovo approccio alla composizione musicale in cui le ombre e i richiami shoegaze danzano su dolci melodie e sferzate quasi industrial, molti silenzi e piccoli sussulti introducono le balbettanti melodie di kazoo e le percussioni si intervallato agli organi. Cresce nelle tracce una tensione che va a braccetto con le atmosfere psichiche elettro-acustiche della chitarra e del sintetizzatore e che si scioglie dentro un rumore indecifrabile di percussioni ed effetti riverberati, quell’unico tocco di calore è la voce di Philippe che effettata a dovere perde la sua umanità e disorienta l’ascoltatore. L’esperienza maturata dopo decine di composizioni e collaborazioni con artisti di tutto il mondo e musiche di ogni specie, la visione di qualunque forma di arte come affascinante e l’interesse per tutto ciò che risulta strano e fuori da ogni categorizzazione fanno dell’artista francese un esperimento vivente di continua ricerca dello sconosciuto.
Difficile riuscire a dare un giudizio semplice, la multidimensionalità di un lavoro come questo che gioca fra spazio e tempo dà un idea precisa della sapiente e compulsiva ricerca musicale necessaria e d’altro canto riuscire ad entrare in un disco così impiega spesso uno sforzo mentale che non sempre vale la pena.
(Marco Vivarelli)