Finalmente Guy Garvey esce allo scoperto, da aria alle proprie poetiche intime e costruisce intorno a sé una ragnatela di brani, una danza variegata covata da tempo dentro l’animo, e che ora con Courting the squall vede la luce, a volte fioca a volte in flash, comunque luce viva.
L’ex frontmen degli inglesi Elbow vuole riempire un vuoto personale molte delle volte sacrificato per il bene comune di formazione, ma anche per quella svogliatezza tipicamente british, ma poi il pensiero di “reincarnarsi” in un qualcosa di tutto suo si è impossessato dell’artista e questa tracklist testimonia il fatto, la svolta personale. Dieci brani tra pompate di fiati Angela’s eyes, soul Electricity, cromosomi nigger che gironzolano indisturbati, funk Harder edges, jazzly e solitudini terse Unwind, Juggernaut , dieci colori meditabondi che raccontano un “non” filo logico estetico, ma ne inanellano vibrazioni e sfumature di gusto, di condense vibratili.
L’artista Garvey seduce senza tentennamenti, il suo è un senso seminale di eleganza strano/ricercata che porta alle mai radicate ortodossie dei clichè, non un passatista tout court, ma un artista che si espande man mano che si scalda dentro; certi Elbow si riaffacciono prepotenti in Belly of the whale e il congedo finale è affidato alla lattiginosa Three bells, un arrivederci in sordina, un voce semplice che sussurra arte sopra e sotto ogni altra cosa.
(Max Sannella)