Sarà la cupezza dei tempi, i giorni che appaiono senza futuro o anche per la defaillance del chitarrista Chris Urbanowicz, non si sa bene, fatto sta che i britannici Editors, col nuovissimo e quinto disco in studio In Dream, non se la sentono di seguitare a ricercare quelle luminosità timbriche che avevano contraddistinto il precedente The Weight Of Your Love, preferiscono tornare al calore scuro del passato, in quel synth-pop waveing torboso e sodo che li riannoda a certi Joy Division primaticci o più in la, agli Interpol nebbiosi.
Certo che la tempra buona riviene sempre a galla, poi con Bob Mould in consolle e la bella voce di Rachel Goswell (Slowdive) in una tripletta di brani l’orgoglio del frontman Tom Smith sale a mille e allora via di nuovo a tuffo negli anni 80 sintetico/elettronici che tanto – pare – giovare alla band inglese. I crismi ci sono tutti, le arie col broncio in parata, i suoni e le liriche tornano ad essere vaporosamente disilluse e quella solennità culturale della foschia gonfia il petto, ma dobbiamo dire che anche una certa emozione si riprende buone dosi di vita, specie nei “falsetti” che coreografano “Our love”, dentro le stanze enigmatiche di “No harm” o nella melodia liberatoria che “Marching orders” mette a chiusura di una tracklist che si svela piano piano, fino a dare il massimo delle sue corde retrò.
Tolto l’insignificante tormento melodrammatico di “Salvation”, si può affermare che gli Editors hanno sfornato un disco egregio che tutto sommato garantisce il seguito di una storia musicale per molti data persa, un “salvacondotto” espressivo che seppur tornando indietro li riporta in avanti.
(Max Sannella)