Nel caso in cui qualcuno si ostinasse a vedere i side-project di Jack White soltanto come un’accozzaglia di musicisti rumorosi, i Dead Weather hanno registrato una serie di video su Youtube in cui singolarmente ci spiegano come fanno a raggiungere il loro sound. Ci ho tenuto ad aprire la recensione così soltanto per buttarvi un po’ di confusione addosso. Parliamo dunque di Dodge and Burn, l’attesissimo terzo disco dei Dead Weather, su etichetta Third Man Records, quella di Jack White.
I The Dead Weather si sono formati dopo un tour nel Nord America che vedeva a condividere il palco Jack White, i The Kills della splendida Alison Mosshart e i The Raconteurs dello stesso White e di Jack Lawrence. Dopo il tour la band si chiude nel Third Man Studio di Jack White per alcune registrazioni informali, tra amici; amici ai quali ben presto si unisce anche Dean Fertita, polistrumentista che ha militato negli stessi Raconteurs e nei Queens of the Stone Age. Nel 2009 esce “Horehound”, primo capitolo della saga della nuova band, celebrato in tutto il mondo e ben presto rinforzato dall’arrivo di “Sea of cowards” a poco meno di un anno di distanza, quasi a voler affermare che, essendosi chiuso il capitolo White Stripes, ed avendo la Mosshart pubblicato in definitiva un solo disco coi The Kills, questa band non era più solo un side project ma forse l’impegno principale dei componenti. “Sea of cowards” è stato accolto trionfalmente dalla critica, e a distanza di cinque anni, i Dead Weather ci riprovano. In realtà questo disco era stato già annunciato nel 2013, quando la band presentò un progetto che prevedeva la pubblicazione di singoli una tantum per il successivo anno e mezzo. Ma poi le cose sono cambiate e siamo arrivati a settembre 2015, con “I Feel Love (Every Million Miles)” il cui video è diretto da Ian&Cooper, vincitori di numerosi e prestigiosi premi.
“Dodge and Burn” è il cosiddetto album della maturità, pur non potendo assolutamente indicare i musicisti pre-“Dodge and Burn” come immaturi, si può dire che – ipotizzando che la Musica fosse una gigantesca auto – i Dead Weather si sono seduti tutti e quattro sul pedale dell’acceleratore della creatività, raggiungendo un livello di songwriting eccezionalmente alto. La batteria di Jack White è più zeppeliniana che mai, Fertita sporca tutto con elettronica e suoni industriali a pacchi ed in questo sporco la Mosshart si trova a suo agio. Per la prima volta si forma un amalgama particolare che si discosta da tutta la precedente produzione del gruppo e della star del gruppo, Jack White. Sebbene gli altri dischi tanto dei Dead Weather quanto dei Raconteurs o del White solista contenessero alcuni momenti che si sarebbero potuti collocare tranquillamente nella discografia degli Stripes, qui i brani si presentano con una loro precisa ed inaccostabile personalità, dal singolo d’apertura a “Let me Through”, uno dei pezzi che mi sembrano più riusciti di questo disco. Forse la perla però è la traccia successiva, “Three Dollar Hat”, un pezzo che sembra più uscito dal disco di un rapper ubriaco armato di timbales, finché non esplode poi la chitarra inzuppata generalmente nel POG2 della Electro Harmonix. E poi c’è la conclusiva “Impossible Winner”, ballata suonata con un piano gigante e con degli archi emozionanti. “Sono il rumore bianco che precede il tuono/sarò qui ogni notte”, dice Alison e chissà che non sia proprio lei l’impossible winner, lei e il gruppo che non accettano neanche per un secondo di “cullarsi sugli allori” ma vivono continuamente alla ricerca di sperimentazione ed evoluzione.
(Mario Mucedola)