Gli inglesi Maccabees con il nuovo Marks to prove it, doppiano gli ascolti di quel “maindiestream” che già li aveva accolti calorosamente tre anni or sono con “Given to the wild“, e che ora gli appunta gli alamari di tripla riconoscenza per aver creato un sound eclettico e infingardo, libero e frizzante che piace ed elettrizza milioni di fan e nuovi adepti, uno speciale fair rock che imperversa ovunque lasciando “vittime”.
Il quintetto dei The Maccabees, al seguito della voce di Orlando Weeks e delle stravaganti corde elettriche di Hugo Feliz, in queste undici tracce tira fuori il meglio delle proprie potenzialità, e lo fa rivolgendosi ai loro primi passi, al loro debutto per ritirarne fuori le radici e tutte quelle impressions che dettero vita al loro percorso artistico. Disco di singoli lampanti (“Mark sto prove it”, “Slow sun”), trombe mariachi (“Dawn chorus”), ballate caliginose (“Something like happiness, WW1 portraits”), un pianoforte tristagnolo (“Spit it out”) e una eco di anni 80’s che riporta in seno certe uggiosità novembrine alla Pulp (“Ribbon road”), un grande respiro “indigeno” di ottime atmosfere e ancor più ottime stazioni di gusto per una formazione in costante sviluppo, in lievitazione elettrica.
Si torna con i The Maccabees a stupirsi e a riprendere atto di quanto siano indispensabili le loro dolci sfuriate melodiche, le loro ballate sognanti, le proprie suggestive punzecchiate sulla spina dorsale del rock contemporaneo.
(Max Sannella)