Soley – Ask the deep (2015 – Morr Music)
Terza fatica per la musicista di casa Morr Music: Sóley torna con Ask the deep, album atmosferico e scarno, nella sua bellezza quasi paesaggistica, fatta di oscurità profonde e improvvisi bagliori. Dal pianoforte più classico all’incontro con l’elettronica, Sóley gioca con la strumentazioni, fluttua malinconica fra quella grazia tutta islandese e una luce troppo abbagliante, pericolosa per gli occhi. A metà tra fiaba e incubo, tra giorno e notte, “Ask the deep” è un’ondivaga seduzione di suoni rarefatti e plumblei, una fascinazione totale.
(Beatrice Pagni)
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Go!zilla – Sinking In Your Sea (2015 -Black Candy Records)
IGo!zilla hanno all’attivo un buon numero di pubblicazioni e numerosissimi concerti in Italia e all’estero, basti citare la partecipazione al Primavera Sound di Barcellona nel 2013. Sinking In Your Sea è il loro secondo LP e suona esattamente come deve: dritto e sporco acid rock anni ’70. Qualche urla qua e là fa da contraltare ai cori super-catchy che caratterizzano quasi tutti i pezzi. È onnipresente, ovviamente, il fuzz d’ordinanza che ha reso grandi i progetti del prolifico Ty Segall, il contemporaneo più vicino al sound di questi tre irriducibili revivalisti.
(Aaron Giazzon)
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Calvino – Gli elefanti (2015 – Dischi Mancini)
Con già due ep all’attivo, il milanese Calvino torna con otto nuovissimi brani pieni di morbide consapevolezze e amare scoperte: uscito per Dischi Mancini, Gli elefanti è un disco che vive di contrasti e genuina bellezza. Il giovane Lavelli si lascia andare a poetiche e dilatate cavalcate cantautorali, come un esperto chansonnier del passato, e tra avvolgenti tastiere, arpeggi pop e momenti elettro-noise. Testi lucidi e ben scritti divengono il tappeto volante per un viaggio piacevolissimo dentro una vita normale e per questo speciale.
(Beatrice Pagni)
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Nu – Shu – s/t (2015 – La Rivolta Records)
I Nu-Shu sono una band salentina hard blues/alt-rock. Prendono il nome da un antico linguaggio ideati in Cina dalle donne di una minoranza per non farsi comprendere dagli uomini. La musica del duo è, per fortuna, molto ben comprensibile: siamo dalle parti di Jon Spencer, Ty Segall e tutto il filone fuzz-rock che dai Novanta a oggi ha proposto numerosissimi progetti. I due salentini non si discostano dall’ordinario e il disco è un piacevole ascolto per gli amanti del genere.
(Aaron Giazzon)
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Requie – L’Altra Faccia Dell’Amore (2015 – Soffici Dischi)
L’Altra Faccia Dell’Amore è il primo disco dei Requie, contenente dieci brani originali, composti ed arrangiati da loro stessi. Il loro intento è quello di creare un esperimento di “musiteatro”: unire la propria vena compositiva al cantato recitato ed evocativo tipico del loro frontman/attore. Proprio per tale motivo sembra più di sentire una colonna sonora o di star seduti in una platea piuttosto che star ad ascoltare effettivamente un disco; questo profilo creato dalla band può sia risultare piacevole sia, onestamente, annoiare l’ascoltatore. L’intro dell’omonimo singolo sembra indirizzare il disco verso tutta un’altra sponda rispetto a ciò che è effettivamente, e questo potrebbe essere un punto a loro sfavore. Ai posteri l’ardua sentenza.
(Roberto Mencarelli)
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ELK – World (2014 – Costellos)
Quintetto da Vigevano, voce femminile sicura ed espressiva, si cimentano in un rock molto eterogeneo cavalcando con classe tutte le declinazioni del genere. Più scontrosi e percussivi in “Beirut”, fascinosi e ipnotici in “Chicago”. “Gialos” è più aggressiva e con un bellissimo alternarsi di passaggi timbrici, un finale impetuoso e coinvolgente. “Hokkaido” prosegue la linea tracciata con gustosi intrecci di chitarre e voci. Un tono quasi nostalgico nel suono si ripropone con “La Paz” mentre “London” è la sezione più contorta del disco, ancora tremolante nella capacità di auto-concludersi, forse eccessiva. “The Kimberley”, strumentale e scarna, prova di radici avvolte in un punk trattenuto. Un coro inaspettato a cappella introduce la bella “Victoria”, con stupendi interventi vocali e un perfetto viaggio verso la conclusiva, direi scatenata e finale “Wigan”, ottima prova di stile inizio millennio; sinceramente mia preferita, non foss’altro che per quella leggera vena retrodatata alla quale, sottomesso, cedo e faccio mia.
(Gabriele Gismondi)