Cosa si può dire nell’epoca dell’indie cantautoriale ad un gruppo come i Mondo Naif? Gli puoi dire che il loro sound rimanda agli albori dei Ritmo Tribale, gli puoi dire che quando schiacciano l’acceleratore ricordano gli Zu, puoi annuire di fronte a Turbolento, questo puoi fare.
Il secondo album della band di Treviso graffia e stupisce, un sound che esplode in cuffia, qualcosa che non puoi contenere nelle casse e da esibire obbligatoriamente fermi al semaforo nello stereo. Vediamo una bell’evoluzione da Essere sotterraneo (2011), vediamo più che altro un cambiamento che dilata verso atmosfere quasi psichedelico-blues che fortunatamente li svincola da paragoni ormai inutili con i mostri sacri dell’indipendente italiano. Con questo secondo album si sono ritagliati uno spazio personale, non vivono più nell’ombra della novità ma anzi dilatano un suono curato sino a risultare sporco ed aggressivo, si modellano addosso un proprio stile, passando da brani completamente strumentali come “Aquilone” che gioca con la personalità di strumenti apparentemente inavvicinabili che in quattro minuti e quarantasei si fondono armoniosamente, a pezzi dall’imponenza assordante come “Scatole magiche”. Spaziano, viaggiano da un trip all’altro, dal jazz rock, ad un briciolo di stoner, ad un pesante grunge, non si riesce ad individuarli, ma soprattutto ci rifiutiamo di farlo per non rinchiuderli in una gabbia di genere che li costringerebbe a non evolversi ulteriormente.
Vogliamo molto di più, vogliamo un terzo Lp in grado di lasciarci basiti sulla sedia, in grado di non concepire più il rumore e di ambire solo ed esclusivamente ad un potente e necessario uragano di suoni. Ne vogliamo di più.
(Chiara Manera)
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