Gli A Place to Bury Strangers il 17 aprile saranno a Bologna per l’unica data in Italia del loro tour europeo. Procuratevi immediatamente dei tappi per le orecchie se meditate di andarci, perché il rischio che vi sfondino i timpani resta altissimo.
Transfixiation, infatti, non fa altro che confermare la loro fama di noise-noise-noise band. Non cedono di un passo rispetto al loro stile e in parte prendono anche le distanze dalle aperture melodiche e dal sound più morbido (se così possiamo dire!) del precedente lavoro, Worship, pubblicato nel 2012. Qui è tutto decisamente più affilato, distorto e ruvido. Sarebbe opportuno spendere due parole per ogni brano, ma per ovvie ragioni ne citerò solo alcuni, benché questo dimostri il fatto che si tratta di un lavoro entusiasmante dall’inizio alla fine. Prendiamo, ad esempio, il ritmo ipnotico di “We’ve come so far”, le devastanti “Straight” e “I’m so clean”. Mescoliamole assieme alla cupezza di “Deeper” e a tutto il rumore possibile racchiuso in “I will die”. Se facessimo di tutto questo una tavolozza di colori e provassimo a trasporre il mix su una tela, verrebbe fuori un quadro impressionista, fatto di contorni sbiaditi e forme irregolari. Velocità, rumore e attitudine punk: è questo da sempre il marchio di fabbrica della band, ancora una volta capace di cogliere nel segno.
Ascoltando questo disco avrete la sensazione di trovarvi in mezzo al traffico della città più trafficata del mondo, all’ora di punta e con tre martelli pneumatici spianati attorno a voi. E troverete tutto questo dannatamente piacevole.
(Salvatore Piccione)