I Don Turbolento sono un duo bresciano dalla rara originalità. Sono attivi da un decennio, e questo Poli Voks – dal nome di un sintetizzatore di fabbricazione sovietica dal suono aggressivo e dall’estetica militare (cit.) – è il loro terzo disco. Le dieci tracce sono legate fra loro da un concept di fondo che fa capo al concetto del “male” nella natura umana.
Volendo usare un’espressione priva di significato, ma che – come spesso capita – rende l’idea, si potrebbe commentarlo con un grintoso “Fuck Yeah!”. Nel mondo sonoro di “MoЛИ Жokc” nessuno è esente da colpe. L’uomo è l’inventore della guerra, come potrebbe mai essere innocente? Tuttavia questa idea ha il sapore di una asettica constatazione, senza concessioni a giudizi negativi o indulgenze di sorta. Non si tratta di discutere l’argomento, ma di prenderne coscienza e spalancare le porte al ritmo ipnotico di un album che si pone come evoluzione della miglior tradizione electro dance degli 80’s, avendo perfettamente assorbito la lezione funk e indie-rock. Lasciarsi andare, e rispettare la propria natura, per quanto sia detestabile.
Il sound dei Don Turbolento arriva, dopo un primo EP e due dischi (Don Turbolento, 2008 e Attack! del 2011) ad una potenza inaudita, espressa magnificamente nell’ultimo lavoro uscito a febbraio 2015, e confermata dall’attitudine coinvolgente e performativa dei numerosi live che la band ha al proprio attivo.
(Giulia Barbieri)