Mentre buona parte del mondo delle “nuove promesse” vive e incancrenisce in un empasse che difficilmente si riuscirà a superare, da Biella se ne escono tranquilli gli All About Kane con il secondo disco Seasons, e lo fanno con la padronanza di chi il discorso della crisi non lo sfiora e tantomeno lo soppesa. E come dargli torto, la loro armonia rock pop in angolazione Brit (tra Travis e certi Keane) è vincente, non scopre nulla, ma è vincente sia radiofonicamente che come intrattenimento umorale, suggestivo.
Tredici brani incolonnati come un palinsesto – appunto – FM, una goduriosa collana di potenziali hits che si fanno ballare e cullare, facendo denotare una struttura generale che non ha limiti di tenuta, puliti da frette e arrangiamenti raffazzonati per presentarsi all’ascolto con una “stilosa verticale” di groove e movimenti da rispetto. Il quintetto respira e fa respirare aria “internazionale”, gioca le sue carte con una linea espressiva morbido/elettrica che non stanca, anzi regge per tutto il laps time del registrato – magari da affinare se si vuole la timbrica vocale che approccia – in alcuni tratti (diciamo molti) in maniera abbastanza eloquente il Bono Vox degli U2 – ma tutto sommato è una prova che lascia un segno del suo passaggio, che stimola atmosfere da vivere.
A random, il funkettone elettrico “Interstellar clash”, la cadenza bighellona di “Fireworks”, il busso di un cuore ansioso “The wise man”, lo shuffle espanso “Hurricane” e il pathos corale che sale da “A crack in the wall”, fanno luce abbagliante su quello che si va a sentire, su quello che gli All About Kane destinano ad orecchie in assetto di aspettative. Da considerare.
(Max Sannella)