Un disco indistruttibile. È Apotheke, secondo lavoro – ma il primo completamente in italiano, dopo l’esordio omonimo del 2011 – del cantautore romano Simone Olivieri. Definizione che ci rimanda ad un’idea di forza, potenza. Corretto. Ma ancora più stupefacente in quanto espressa attraverso una delicatezza unica, di musiche e testi. A supportare tecnicamente questo risultato contenutistico un insieme di strumenti variegato e bizzarro: pianoforte, organetti, harmonium, celesta, mellotron, autoharp, violoncello, basso, batteria, e naturalmente chitarra acustica.
Uscito il 30 gennaio scorso per New Sonic Records / Goodfellas, “Apotheke” è un intenso racconto lungo 9 tracce, una “bottega dei dolori” che tuttavia contiene anche possibili soluzioni al disagio esistenziale di ognuno. Il disco è descrivibile solo tramite metafora, si presta benissimo infatti ad essere accostato ai corsi e ricorsi storici, ai cicli della natura, alla parabola della vita umana, al metabolismo di una storia d’amore. Circolare, avvolgente, disperato e al tempo stesso rasserenante, l’album di Olivieri si discosta da molta produzione contemporanea che ad un primo ascolto potrebbe rientrare sotto lo stesso cappello di intenzioni e atmosfere sonore. Non si tratta di stabilire una classifica in termini di qualità, ma solo di sottolinearne la diversità, nel volontario prendere le distanze dalla tentazione. La tentazione di cedere ad argomentazioni accattivanti, ricavandosi uno spazio di autonomia tematica che riesce a prescindere dalle mode e dal contesto. Qui sta la forza della dolcezza. Senza pretese o imposizioni, ma con piglio deciso e consapevole. Si avverte un profumo di eternità.
Qui c’è un po’ di fatica da fare, per chi ne ha voglia. Senza giudizio verrà accolta la vostra storia, per un ascolto intimo che si trasforma in dialogo.
(Giulia Barbieri)
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