Uscito il 27 gennaio 2015 per la Morr Music, Individ è la sesta fatica del duo di San Francisco formato da Meric Long e Logan Kroeber meglio noti come The Dodos. Il disco, che arriva a due anni di distanza da “Carrier”, vede la partecipazione di Brigid Dawson dei Thee Oh Sees nell’ultima traccia, la maestosa “Pattern/Shadow”.
Il duo, che fa musica da quasi un decennio, si ritrova stavolta a maneggiare con eleganza e maturità un sound fatto di virtuosismi mai ridondanti, chitarre folli e percussioni stilose: si è ormai fatto riconoscibile il suono dei Dodos, a metà fra gioco folk-rock e psichedelica freschezza. “Il momento migliore per fare un disco è subito dopo averne finito uno”, aveva confessato Meric Long. E forse è anche per questo che ”Individ” suona così pieno e deciso: appena concluse le sessioni di ”Carrier”, i due si sono immediatamente messi al lavoro per questo disco, “Abbiamo riuniti i brani con estrema facilità, non c’era Ci siamo sentiti liberi, fino a fare tutto in modo molto naturale”, afferma Long.
Se i Local Natives suonassero ubriachi con i Grizzly Bear da una nuvola fosforescente arriverebbero i Dodos, con il loro carico di suono abbagliante. Un quadro bizzarro si rivela ”Individ”, una creatura mutante e in costante sviluppo tanto che il primo ascolto non sembrerà mai il terzo o il quarto: dall’ipnotica opener “Precipitation” -sei minuti di trionfante drumming e chitarre ostinate-, all’accattivante ”The Tide”, dai riff tenaci passando per i poliritmi di ”Bastard”, semplicemente sinuosa e tagliente. La batteria di Kroeber pulsa e si fa corpo sonora stile banda popolare. Dallo strumming maniacale di Long ai cambi di tempo a rotta di collo: “Competition”, il singolo di lancio, si diverte con linee semplici di chitarra che si sovrappongono annodandosi a beat persistenti, e ritmi secchi, la voce gioca, al limite dell’imperfezione, della presa in giro. È qui che i Dodos si superano, nel loro essere sublimi musicisti e al contempo burloni da strapazzo. Se “Fools” è un pop allegro e coloratissimo, ”Bubble” si lascia sopraffare da una certa melanconia sospesa, fino ad arrivare alla corsa tentacolare con “Pattern Shadow”, sette minuti di potenza e talento cristallino impreziositi dalla voce eterea di Brigid Dawson su drumbeat precisissimi per una ballata stravagante.
E così, tra un ardente distorsione, un primo tempo costruito su un riff di chitarra ripetitiva e una batteria massiccia, termina anche l’adrenalina messa in campo dai Dodos in questi trentotto minuti. Un’esplosione di luce e colore, che vive di contrasti netti e suoni cinematici, una raffica di vitalità che si trasforma in Vita.
(Beatrice Pagni)