Per “tiento” si intende una forma musicale spagnola per strumenti solisti somigliante alla fantasia e che deriva dalla musica spagnola del XVI secolo, “de las nieves” è (come immaginerete) la traduzione di “della neve”. Serve capire questo titolo perché il grande lavoro realizzato dall’artista tedesco non è solo frutto di una ispirazione momentanea ma il vero e proprio percorso portato all’estremo di un viaggio musicale iniziato nel 2009.
Niente è lasciato al caso, in maniera quasi maniacale negli ultimi due anni il compositore studia e mette a fuoco una serie di note di rumori di strumenti di vere e proprie melodie che devono tutte insieme descrivere questo grande disegno: un deserto di neve e solitudine. Come nelle molecole, gli atomi rispettano ordini e principi, anche in questo universo di 68 minuti rappresentati da una sola singola traccia ogni nota rispetta il rumore e la distanza dalle altre, senza mai poter spiccare più delle altre perché bilanciata in maniera perfetta da un sottofondo cupo che smorza i toni. Si percepisce bene tutto questo, si capisce subito dove si vuole arrivare e non perche sia tutto scontato ma perché le atmosfere di questa lunga traversata vanno in una sola direzione. Ispirato dai diari del grande esploratore Fridtjof Nansen che tanto vagò per terra e per mari il disco di Thomas Koner cerca di riprodurre musicalmente e visivamente quei paesaggi e sopratutto quei sentimenti, quelle angosce e quelle sensazioni che un uomo solo può provare al cospetto della natura gelida. In quest scritti la neve viene paragonata all’amore che ammorbidisce le lastre di ghiaccio della vita coprendo ogni spigolo e cosi sotto l’ ispirazione della descrizione di una natura selvaggia ed incontaminata l’esploratore sonoro riesce a ricreare una atmosfera ovattata e pura che descrive un ampio spazio bianco coperto di neve e dispersivo quanto basta per perdersi dimenticando il tempo.
Questo è un disco molto complicato e cela al suo interno un filo conduttore che si rifà a tutti i grandi musicisti della ambient attraversando il concetto di landscape sonoro come puro intento finale. Ascoltando questa opera si ha come l’impressione di aver fatto qualcosa di grande, di profondo, di essere arrivati almeno con l’immaginazione proprio dove dovevamo andare e dove tutti almeno una volta vorremmo provare ad essere.
“Love is life’s snow. It falls deepest and softest into the gashes left by the fight—whiter and purer than snow itself. What is life without love? It is like this ice—a cold, bare, rugged mass.” Fridtjof Nansen ‘Farthest North
(Marco Vivarelli)