Avere la possibilità di vedere i Massimo Volume nella loro Bologna è una di quelle cose che ti fa sentire fortunato, perché hai la possibilità di assistere a un live di quella che è probabilmente la miglior band italiana e puoi farlo in un clima familiare, informale, in cui tutti sono attenti e attratti immancabilmente da ogni verso pronunciato da Emidio Clementi, da ogni colpo di batteria di Vittoria o da ogni accordo di Egle e Stefano.
È facile, dunque, rendersi subito conto dell’atmosfera magica che pervade il TPO, anche perché questa sarà l’ultima data del tour di “Aspettando i Barbari” per il centro Italia e nel 2015 sarà difficile rivedere live la band, visto che ciascuno sarà impegnato nei propri progetti. In più questa data è arricchita dal live painting di Andrea Bruno, straordinario disegnatore che anima lo sfondo del concerto con i suoi tratti, realizzati in base alle suggestioni dei vari brani. Si finisce così per entrare in un gorgo di magia e inquietudine, di bellezza e stordimento, guerra e silenzio notturno, guidati dalla voce di Emidio Clementi, che tratteggia gli scenari Fordiani della “Manciuria”, poi ci regala “La notte” rassicurante e cupa, fino a farci fare conoscenza con i fantasmi di Buckminster Fuller e John Cage (“Dymaxion song”). La guerra ci viene a bussare alla porta in “Compound”, in cui ogni colpo di batteria è uno sparo nella notte di Abbottabad, mentre ci prende la nostalgia per “Le nostre ore contate”. Scorrono i ricordi, le immagini, i volti: “Vic Chesnutt” ci appare come un Cristo emaciato, così come Emanuel Carnevali è altrettanto smunto ed evocativo allo stesso tempo ne “Il primo dio”. Sorprende il silenzio di “Manhattan di notte”, sulla quale il pubblico è rispettoso e assorto, così come rapito da “Qualcosa sulla vita”.
Sono mille gli universi dentro cui si è destinati a perdersi nel live dei Massimo Volume, mille i dettagli che colpiscono, che sovvengono alla mente. Alla fine, non resta che bearsi di questo equilibrio sublime tra parole e musica e contare davvero le ore che ci separano dalla prossima volta in cui accadrà.
(Alessio Gallorini)
Foto: Jessica Bartolini