Quando per la prima volta ho concluso l’ascolto di questo lavoro sono rimasto per qualche minuto bloccato, durante tutte le tracce sobbalzavo sulla sedia perché l’energia mi travolgeva ed ero sempre più convinto di avere tra le mani un piccolo capolavoro; poi tutto ad un tratto mi sono reso conto che avevo ragione. La voglia di sentire ancora alcune tracce era irrefrenabile e mi estraniavo da tutto per potermelo gustare a pieno. Era elettronica di quella frizzante, di quella fuori dagli schemi, di quella che si costruisce con mille rumori e tanto lavoro al laptop. Ero innamorato di quella sciocca voce che completamente fuori ritmo quasi rappava, un mash up improvviso e ragionato di 20 anni di musica che non ti fanno mai fermare. Ci doveva essere qualcosa dietro a questa biondina alternativa che trapiantata in svizzera suona nei Peter Kernel e che in una giornata di noia decide di creare un side-project solista; così ho letto la sua storia.
Si perché se nasci in una riserva indiana del Nord America in mezzo ai lupi e il tuo animaletto da compagnia è un piccolo orso non sei e non sarai mai una delle tante. E Camilla infatti si distingue benissimo: quello che scaraventa in questo disco sono gli anni passati in mezzo alla natura selvaggia, sono i deliri sciamanici di una tradizione antica e sono le schizofreniche danze che attraversano la mente in tanti momenti di monotonia. Il suo album di esordio è una bolgia elettronica in cui confluiscono tanti generi e tanti stili, una voce inconfondibile che urla e sparacchia cavolate in faccia all’ascoltatore e un constante ritmo metallico estrapolato dalla industrial più pura. Post-punk, pop, rap ed electro-rave, tutto insieme senza regole, come i testi delle canzoni e come anche le mille inclinazioni che ogni traccia rivela. Una tempesta che offre tutto il selvaggio mondo mentale di una ragazza di 30 anni molto indie, molto alternativa e molto avanti.
Cosa ci sia esattamente dentro la testa di questa giovane canadese non ci è dato saperlo ma potete stare tranquilli, quello che sentirete in questo strampalato disco non è altro che il puro e semplice racconto in salsa elettronica di una vita e di una infanzia trascorse fra i boschi dell’Ontario.
(Marco Vivarelli)