Premessa: non sono un fan dell’elettronica in generale, per cui per parlare bene di un disco di elettronica significa che deve essere fatto bene. Ecco, ora dovrò parlarvi bene di Don’t take it personally, secondo lavoro del duo torinese Niagara, un lavoro raffinato, liquido, frizzante, in cui questo abile duo di producer dimostra di avere una padronanza assoluta della materia e snocciola dieci brani di personalità, che riescono ad avere sfumature tali da non finire mai per essere ripetitivi, rischio che a mio avviso corrono buona parte delle band che fanno elettronica.
Si passa così dal suono liquido, inondato dai synth, di “John Barrett” al ritmo ipnotico e travolgente di “Vanilla Cola”, per poi arrivare alle sonorità robotiche, completamente artefatte e spinte all’estremo di “Speak & Spell”. Cantautorato ed elettronica minimale in “Laes” mostrano un’altra sfumatura del ricco mondo dei Niagara, mentre con “Curry box” si sfiorano i Radiohead e si finisce a girovagare tra le atmosfere orientali. “Popeye”, brano cupo e affascinante, avvolgente, potrebbe benissimo far parte della colonna sonora di un film di David Lynch, mentre “China eclipse” è un brano straniante, intenso, degno di un artista come Apparat.
Dopo la parentesi di “Else”, la chiusura con “Bloom” dà idea di quanto si possa lavorare sul concetto di pop e dilatarlo: a tratti quello che mettono insieme i Niagara è infatti ottimo pop, con echi che nulla hanno a che vedere con la scena prettamente elettronica, una scena della quale loro fanno comunque parte a pieno titolo e nella quale sanno farsi ben più che valere.
Sicuramente “Don’t take it personally” è uno dei dischi più complessi e stratificati usciti in Italia in questo 2014, fino ad oggi, un disco che farà aprire orecchie e mente, impetuoso proprio come una cascata.
(Alessio Gallorini)