C’è questo albero sfuocato in copertina e sullo sfondo un tramonto come raramente vi capiterà di vederne. Ci sono gli indizi di una bellezza sinistra e una pace profonda fuori dalla nostra portata, c’è probabilmente anche il richiamo allo “Spirit of Eden” messo in musica alla fine degli anni ottanta dai Talk Talk benché gli Orcas nel nuovo Yearling scelgano di non perdere mai del tutto il contatto con la dimensione terrestre.
Gli Orcas sono le intelligenze di Benoit Pioulard e Rafael Anton Irisarri – entrambi frequentatori abituali delle mille possibili sfumature della musica elettronica – che con questo nome hanno debuttato nel 2012 pubblicando via disco omonimo la colonna sonora perfetta e struggente per la prossima era glaciale, rispetto alla quale “Yearling” rappresenta un seguito ben più ricco di venature dreamy. Insieme a loro partecipano Martyn Heyne (Efterklang) alle chitarre e pianoforte e Micheal Lerner (Telekinesis) alla batteria, ai cui è riservato il ruolo di dare il giusto corpo di canzone alla sostanza per non perdersi fra i suoni cosmici. Certo il brano d’apertura del nuovo album, “Petrichior”, ha ancora molto a che vedere con l’astrattismo musicale teorizzato da Brian Eno, dove i bordoni e i synth imbastiscono rumori di sottofondo per paesaggi che sono essenzialmente mentali, ma qualcosa di più accade già con “Infinite Stillness”/”Half Light”. La melodia, languida quanto più possibile, emerge in maniera netta in superficie assieme alle chitarre elettriche e acustiche e “Yearling” cambia d’un tratto volto finendo per assomigliare nella sua parte centrale a un disco pop. Definizione ovviamente da prendersi con le molle – l’aggettivo di rito da usare in questo caso è sofisticato – ma la sensibilità cantautorale sa di calore umano e si fa strada fra le suggestioni ambient caratterizzando il suono ad alto tasso emozionale degli Orcas (soprattutto) di oggi. In particolare nei sette minuti di “Selah” e nei successivi cinque di “Capillaries” queste due anime convergono totalmente e la voce a tratti celestiale di Pioulard, insieme agli altri strumenti, abbraccia e lentamente avvolge la trama algida tessuta dai synth. Perfetto. Infine, prima che “Yearling” si concluda con il viaggio drone in solitaria di Irisarri, gli Orcas assestano con “Filament” un ultimo colpo che rimanda decisamente al loro esordio, in cui la voce non è che un respiro solenne e distante che accompagna gli echi metallici di una marcia lugubre, tanto per ribadire che gli Orcas sono assoluti campioni nel creare atmosfere specie se tese o struggenti, non proprio due tizi che si cimentano.
“Yearling” è un disco pesante di una pesantezza metafisica, accessibile ma mai e poi mai buono per qualunque occasione, spesso bello da lacrimoni ma tutt’altro che di tendenza e per questo probabilmente destinato a frequentare i giradischi dei soli iniziati del genere, gli unici fortunati a venire a conoscenza dell’ultima proposta degli Orcas di enorme interesse e per di più in evoluzione rispetto al passato, tutto sommato acqua fresca nel catalogo Morr Music.
(Alberto Mazzanti)