Un atto di fede. Non può definirsi diversamente la presenza di svariate migliaia di persone che mercoledì hanno pazientemente aspettato per più di un’ora sotto una fitta pioggia la decisione dell’organizzazione di far suonare o meno i Massive Attack all’Hydrogen Festival, evento organizzato all’interno dell’anfiteatro Camerini di Piazzola di Brenta in provincia di Padova.
Il concerto è previsto per le 21:30 ma alle 23 eravamo ancora ammassati davanti ai cancelli come bestiame in attesa di essere trasformato in hamburger, nel nostro caso però il desiderio era quello di entrare e non di filarsela il più lontano possibile da quel posto; la voglia di ascoltare materiale inedito di 3D e soci era davvero tanta da non avvertire nemmeno che il k-way indossato iniziava ad imbarcare acqua manco la Costa Concordia dopo l’inchino dalle parti del Giglio. Così la decisione viene presa e finalmente i cancelli del macello, pardon dell’anfiteatro, si aprono e ognuno cerca il posto ideale per godersi lo spettacolo. Dopo poco smette di piovere ma la band non arriva. Venti minuti e diversi fischi più tardi le luci si abbassano e parte “Battlebox 001”, inedito non più tale ormai da qualche anno a questa parte, proposto durante gli ultimi live set e sicuramente uno dei candidati a far parte della tracklist del prossimo disco. La linea di basso prende a pugni lo stomaco, Martina Topley bird fa il suo ingresso e sparge eleganza e grazia sul tappeto di acida techno del pezzo. Segue l’altro brano inedito (nel senso che non compare in nessun disco ufficiale) “United Snakes”, anche questo come il precedente è intriso di cattiveria elettronica supportata dalla doppia sezione ritmica che volteggia in movimenti drum and bass. Da questo punto in poi sarà tutto un susseguirsi di brani già noti pescati da Heligoland a Blue Lines, purtroppo Protection sarà l’unico album snobbato per intero. La scaletta regala versioni rimaneggiate, in certi casi molto più lunghe e ipnotiche, quasi psichedeliche, dei pezzi originali; durante le parti cantate fanno capolino a rotazione Daddy G, il quale riduce la sua presenza a semplice ospitata in un set Del Naja-centrico, il settantenne arzillo Horace Andy dall’inconfondibile timbro vocale e
Deborah Miller, anche lei come Andy collaboratrice della band da tempo immemorabile. Alla struttura dei visual che compongono la scenografia viene data la stessa importanza delle canzoni ed è, in verità, più o meno identica a quella usata nel tour di “Heligoland”: passano in rassegna la spesa annuale del consumo di medicinali (su “Battlebox001”), conversazioni private tra un militare americano ed il suo comandante che gli ordina di sparare su presunti terroristi (rivelatisi poi essere civili innocenti); slogan propagandistici utilizzati per giustificare conflitti a fuoco, titoli di giornali con le notizie degli ultimi giorni (“Inertia Creeps”), o l’elenco dei più grossi brand mondiali soffermandosi maggiormente su quelli di casa nostra. I tre brani scelti prima di abbassare il sipario sono “Incantations”, “Splitting The Atom” e “Unfinished Sympathy”. L’aria che si respira in questi minuti conclusivi è di festa mesta mista ad erba buona e pioggia in quanto si è sempre un po’ tristi quando sai che tutto sta per finire però i Bristoliani concludono su toni festaioli come se non ci fosse un domani anche se, lo speriamo, al prossimo party sarà presentato il nuovo album.
Nonostante la sensazione da deja-vu avuta in diverse occasioni, ho visto la band nel 2008 a Ravenna ed il set era molto simile a quello di Padova, i Massive Attack dal vivo sono un potenza, una carica deflagrante che su disco viene solo vagamente accennata, sebbene la bellezza ammaliatrice dei brani registrati in studio, che vale la pena andare a vedere nonostante le secchiate d’acqua che arrivavano dal cielo, gli ombrelli aperti che oscuravano il palco in alcuni frangenti e le tre ore di sonno che mi dividevano dalla giornata lavorativa che di lì a poco sarebbe seguita.
(Antonio Capone)