Esce per Upupa Produzione il nuovo disco dei Redline Season, intitolato Invictvs e composto di undici pezzi per quaranta minuti di musica. La band si muove in territori musicali che definirei generalmente “post”, partendo dal post-hardcore del trittico iniziale di grande impatto, “Fallacy”, “Deaf Heaven” e il primo pezzo reso pubblico qualche tempo fa “Black Battles”. In questi primi pezzi la band mette in pratica buona parte delle lezioni impartite dagli immensi At The Drive-In, senza tralasciare atmosfere mid-tempo come i migliori (e giustamente inarrivabili) Fugazi. Guardando al panorama italiano, le parti più urlate e sguaiate mi fanno pensare immediatamente ai Lucertulas e agli ultimi One Dimensional Man.
I toni e gli umori si quietano radicalmente nelle successive “Phoenix First” e “Phoenix Last”. La prima è un pezzo “synthacustico” estremamente malinconico e melodico; la seconda riparte da quelle tinte ombrose per tradurle in un’esplosione di malessere e rabbia post-grunge che si esaurisce improvvisamente nell’imprevedibile finale. “The Huntsman” e “Squarewaves” pescano a piene mani dal post-rock di Mogwai ed alcuni Radiohead senza per questo lasciare il segno nell’ascoltatore, ma facendo intendere la grande dimestichezza nella gestione dei suoni della band, che fa poggiare gran parte dei pezzi su soluzioni strumentali ricercate e sperimentali. Il disco si chiude, infatti, con la alienante e rumorosa “Northpole”, non una propria e vera canzone, ma un turbine di rumore, feedback e suoni elettronici. “Invictvs” non è per nulla un disco facile ed immediato. Anzi! Ad un primissimo ascolto lascia un poco di frustrazione nell’amante medio del rock duro e sporco, perché dopo i tuoni iniziali l’ascoltatore è bagnato da una pioggia costante di suono, rumore, depressione, ma non si torna mai ad udire il fragore delle prime canzoni. Non voglio certo dire che tutto ciò è un difetto, ma il disco si manifesta come un lavoro per amanti di un certo tipo di rock contemporaneo, portatore sano della furia cieca del hardcore, ma filtrata da tutte le esperienze più o meno riflessive che, dagli Slint in poi, hanno razionalizzato ed interiorizzato la rabbia post-adolescenziale per tradurla in un costante senso di disillusione e cinica malinconia.
Non è certo questa la sede per discutere della storia e dell’evoluzione del rock contemporaneo, rimane, comunque, il fatto che “Invictvs” è un gran bel disco assolutamente al passo coi tempi e forse con uno sguardo anche rivolto al futuro.
(Aaron Giazzon)