Con Dreams, il trio danese WhoMadeWho – formato da Jeppe Kjellberg (chitarra), Tomas Barfod (batteria), e Tomas Hoffding (basso, voce) – ha pubblicato il quinto album di una carriera che dura ormai da undici anni. Prodotto dal batterista del gruppo, Tomas Barfod (uscito di recente sul mercato con l’ep solista “Pulsing”), “Dreams” è uscito poco dopo l’apparizione del trio sul palco del Festival di Sanremo, dove ha eseguito insieme ad Arisa una cover di “Cuccurucucù” di Franco Battiato.
Testi banali su musiche orecchiabili continuano a segnare il percorso sperimentale del trio, ancora una volta pronto a modificare, in parte, il proprio stile, abbracciando sempre di più la fase elettronica. “C’è un cuore che batte dentro di me” e “se il tempo vola le stelle brillano” – tratte da “Dreams” – danno una chiara idea del livello dei testi. La voce e la chitarra in primo piano si fanno supportare da effetti elettronici, dal basso e da diversi strati di synth, usati per saturare le atmosfere. Le canzoni, a livello musicale, funzionano – nel loro essere orecchiabili – e, a tratti, fanno pensare che ci si trova davanti a un prodotto confezionato appositamente per il mercato discografico. Durante tutto l’ascolto, infatti, non si trova un equilibrio; si passa dalla dance di “Hiding in Darkness” all’elettronica spicciola di “Heads Above”. Sembrano, questi, sogni presi in prestito dagli anni ottanta; e, anche se a volte fanno venire la voglia di muoversi, di ballare, alla fine non lasciano molto. Se si escludono qualche riff di chitarra (come in “Hiding In Darkness”) e alcuni brani (come “The Morning”, “Another Day” e forse “United”), al disco sembra mancare qualcosa per essere definito un buon lavoro; resta sempre in sottofondo, senza riuscire a incidere davvero un ripetuto ascolto.
Onestamente, dagli WhoMadeWho mi aspettavo qualcosa in più. Quel qualcosa che mi ha fatto passare diversi mesi di attesa, prima di scrivere questa recensione, alla continua ricerca di una chiave di lettura diversa dell’album. Di sicuro, gli WhoMadeWho dimostrano di essere usciti vivi dagli anni ottanta, seppur con qualche decennio di ritardo.