I Flying Vaginas sono un trio lo-fi/shoegaze laziale composto da tre personaggi dagli pseudonimi impronunciabili, ma che sono allo stesso tempo le menti, le mani e le idee che stanno dietro Mia Cameretta Records, una delle più interessanti e vivaci label italiane già editrice dei lavori di Pedalò, Above The Tree e Astolfo Sulla Luna (per citare i miei preferiti).
Da oggi, o per meglio dire dall’uscita di questo primo album sappiamo che i produttori sanno anche suonare e pure bene! Il disco è una raccolta compatta ed essenziale di ottimo pop-gaze con tante ottime soluzioni melodiche ed un suono accattivante, ma per nulla piacione. L’apertura è affidata a “Wake” una delicata nenia ipnotica che introduce alla perfezione tra feedback, note sospese e voci eteree al singolo “Happiness And Flour”: ottimo pezzo lo-indie con una melodia alla Lou Barlow, che mi ricorda anche i quasi dimenticati Male Bonding. Ottime e perfettamente amalgamate sono la voce maschile e femminile. “Steve Brick And The Portland Concrete” percorre la strada tracciata dal singolo proponendo una delicata melodia quasi wave su di una base strumentale chiara e semplice. La successiva “Hey Nostradamus” è una (s)ballata lo-fi leggera e malinconica, seguendo la lezione impartita dai Neutral Milk Hotel. “Trainman Grief” è forse il pezzo più simpatico e accattivante del lotto facendosi forte su distorsioni che renderebbero fiero J Mascis. La chiusura del disco è affidata a “Doodle”, velocissima scheggia pop-punk che fa saltellare per tutto il suo minuto e mezzo di durata e all’impegnativa “D.S.M. [Don’T Save Me]”. La traccia si rifà allo shoegaze più tradizionale e ricorda i contemporanei Nothing, anche se, a dire il vero, il pezzo delle “vagine volanti” ha un tappeto sonoro molto più articolato di quel che sembra oltre ai chitarroni fuzzosi. È possibile, infatti, percepire vari strati di chitarre, feedback, rumoristi e quant’altro come a voler costruire una piramide di suoni e rumori sempre più alta, granitica ed eterea.
Con questo disco i tre di Mia Cameretta ci fanno scoprire il loro lato puramente artistico divertendosi e facendoci divertire con un dischetto che suona come una summa di alcune sfaccettature dell’indie di metà anni ’90 e che forse è anche quello di oggi.
(Aaron Giazzon)