Dopo il primo EP datato 2012, ecco che arriva il momento del primo disco anche per i Twin Room (ovvero Bart dei Cosmetic e Luca dei Fitness Pump), che sfoderano un album ricco di sfaccettature, che si muove in bilico tra elettronica e shoegaze, riuscendo però a restare in perfetto equilibrio e regalando una serie di potenziali hit estremamente qualitative.
Si parte con le suggestioni di “Wrecks, never existed”, brano che proietta nel mondo dell’elettronica più ipnotica e piena di effetti e ti fa quasi pensare che ti aspetta un disco “à la Daft Punk”, salvo che poi il secondo pezzo è la magnifica “Smile”, brano sofficemente dream-pop che ti spiazza e ti fa subito sognare ad occhi aperti, mentre la testa già inizia a muoversi all’arrivo di “Tommy”, synthpop di quello buono, di quello di qualità. Di quello che quando dici ai tuoi amici che in Italia ci sono gruppi così, loro ti guardano pensando che tu li stia prendendo in giro e che in realtà i Twin Room arrivino da Baltimora o posti simili, invece che dalla costa romagnola. “Call my name” strizza l’occhio alla dance e al pop più psichedelico, senza mai diventare stucchevole e mostrando, anzi, una nuova faccia dei Twin Room, una faccia vivacissima, capace di far ballare e divertire, con i suoni che evitano sempre di appesantirsi ed appiattirsi, il che non sempre riesce in canzoni simili. Sorrisi e voglia di muoversi, con sullo sfondo una bella serata primaverile è quello che comunica anche “L+H”, mentre “Valis” lascia un senso di inquietudine, portandosi dietro una cupezza fino ad ora sconosciuta a questo lavoro dei Twin Room. La successiva “Silver” ti fa vagare tra mille pensieri, con quelle percussioni accattivanti e mai invadenti che ti fanno pensare che è ora di scordarsi di tutto, di cambiare tutto, sensazione rafforzata dalla malinconia di “Not OK”, forse il brano più ricco e pieno dell’intero disco, capace di lasciare nelle orecchie un retrogusto di assenza, di nostalgia non molto ben definita ma estremamente presente. La chiusura è affidata al minimalismo di “En la calle”, brano a tratti arioso, estremamente vario eppure allo stesso tempo claustrofobico e straniante, che si chiude in modo inatteso, come un risveglio dopo un sogno surreale, di quelli che non si sanno come interpretare.
Il disco dei Twin Room è così, surreale eppure ottimamente strutturato, un disco che fa ballare ma che allo stesso tempo regala un velo di malinconia, un quadro che a primo impatto sembra composto solo da pennellate leggere ma che poi si rivela di una complessità inaspettata, in cui ci si stupisce a perdersi dentro a 9 potenziali singoli radiofonici.
(Alessio Gallorini)