Tra i più amati, ma anche tra i più fraintesi. Si poco considerato, si credeva scomparso dopo i fasti con i Blur e i Gorillaz proprio lui che ha fatto la guerra con gli Oasis, ha primeggiato nel brit pop e dato fastidio- molto – in quei tempi al grunge Seattleiano al di la dell’Oceano, una delle rockstar più influenti degli ultimi trent’anni, disilluso al massimo, invece torna con un disco in solitaria, Everyday Robots, inno alla solitudine e alla infelicità vitale, un disco in cui l’artista vomita addosso dell’ascolto la sua integrale amarezza verso la società, la sua totale sensibilità oramai rappresa.
Disco intimista, chiuso dentro un minimalismo di base e di riflessione intensa, lontane le luci intermittenti e i ritmi a presa rapida, ancor più lontane le aperture radiofoniche come a resettare completamente le frivolezze e il trendy che per anni lo ha accompagnato insieme alle sue truppe sonore; ora canta contro le tecnologie ingannevoli, il controllo sulle masse e i social network, addirittura i cellulari e le connessioni spersonalizzanti, in pratica un denudamento totale dal mondo d’oggi e che in questo lavoro si sente in tutta la sua secchezza. Tutto è soffuso, quasi sottovoce, suoni metallici e ghiaccioli sintetici, qualche tasto di pianoforte e sperimentazioni cupe, fosche lungo tutta la tracklist, attraverso tutta la sua sincera crudezza. Non rinnega il suo passato “pazzerellone”, ma ora preferisce tornare outsider e dice che per essere un artista conviene rimanere fuori da tutto, purificarsi dalla mercificazione della ribalta per tornare a vivere sovversivo nell’arte, e a sentire ci riesce alla grande, basta sintonizzarsi sulla pray intima “Heavy seas of love”, assorbire il basso delicato che ricama “Hollow ponds”, abbandonarsi sulla strade notturne di “The selfish giant”, “Hostiles” per poi risvegliarsi nell’unica concessione di “energia viva” che Albarn rilascia, “Mr. Tembo”, delicatessen caraibica dai colori cangianti e ritmati.
L’ex re è sceso dal trono e si fa giullare ermetico, anni luce dal Brit pop delle Polo Freddy Perry, dei fish and chips e i dischi dei Kinks e Bowie tirati fuori dalle soffitte, ma molto, molto vicino ad un piacere masochista, ad un piacere che strega al primo giro.
(Max Sannella)