Se c’è un cantautore che può sollevarci dal sentirci orfani di Lucio Battisti, si chiama Nicolò Carnesi. Affermazione forte, lo so, ma al di là delle evidenti differenze stilistiche, quello che accomuna il cantautore siciliano al mito Battisti sono una voce personalissima e incantevole, potente anche in estensione, una poetica che, mutato lo spirito del tempo, arriva dritta al punto e al cuore, e una magnifica attitudine pop che sa coniugare profondità e immediatezza. Perchè si può essere lievi anche cantando che siamo solo Numeri.
Che poi è il titolo di uno dei gioiellini contenuti nel suo secondo disco Ho una galassia nell’armadio, album che lo pone in cima ad una eventuale classifica dei cosiddetti nuovi cantautori e lo rende inclassificabile esattamente come lo è e lo è stato Battisti. Altro elemento in comune è l’attenzione alle influenze musicali classiche e internazionali celate mirabilmente sotto l’ala del cantautorato italiano: brani che mischiano folk, pop e new wave, che frullano i Flaming Lips e gli Smiths con Planck e la meccanica quantistica, che studiano il complesso rapporto tra l’universo e ogni singolo uomo, tra il grande e il piccolo. Canzoni d’amore, ma non solo, canzoni che guardano in tutte le direzioni e che Carnesi aveva così chiare in testa da volerle suonare tutte da solo strumento per strumento (con la preziosa collaborazione in regia di Tommaso Colliva), ad eccezione di inserti mirati. E gli ospiti sono pesi massimi come Roberto Angelini, Antonio Di Martino, i Selton e Rodrigo D’Erasmo. Dotato di una voce che non teme confronti, il cantautore siciliano costruisce come un poeta i testi che sono belli, diretti, semplici e raffinati, coerenti con la musica che compone. Questo album racchiude anche la traccia che dava il titolo al precedente (“Gli eroi non escono il sabato“) e ne è il riuscitissimo seguito. In dieci brani tra i quali spiccano “Numeri”, “La grande fuga di Alberto”, “Cassandra”, Carnesi racconta la galassia che davvero deve avere dentro il suo armadio, quasi punto privilegiato da cui osservare le altre, di galassie, quelle che compongono il nostro piccolo mondo fatto di difficile amore, di odio fin troppo facile, ma anche di tenerezza, di “un ennesimo poeta che insegue la tempesta” (“L’ultima fermata”), di conti che non tornano e di risultati che non hanno nulla a che fare con gli individui, di vite che ci affanniamo a far girare, di disintegrati dalla tv reintegrati dai social network (“Illuminati”), di speranza tra le mutazioni (“La rotazione”) perchè da qualche parte c’è sempre “una mano che ne afferra un’altra” o un universo dove non si odia: e anche se non lo troveremo mai, “ci resta il viaggio”.
(David Drago)