É uscito la scorsa settimana questo Tremors, debut album per Sohn, al secolo Toph Taylor, musicista e produttore londinese ma da alcuni anni trapiantato a Vienna. Inizia pubblicando alcuni pezzi sulla sua pagina Soundcloud, che vengono acclamati da critica e pubblico, prosegue con la premiazione del video ufficiale di “The Wheel” nel 2012 da parte di Noisey e arriva infine a firmare l’anno successivo con la storica 4AD – etichetta che nel suo passato più glorioso ha sfornato i lavori di Cocteau Twins, Dead Can Dance, Bauhaus, Pixies, Thievery Corporation, Throwing Muses, X-Mal Deutschland e non proseguo oltre perché la lista sarebbe troppo lunga.
I primi ascolti di “Tremors” sono stati distratti e frettolosi, un sottofondo mentre si fanno altre e più importanti cose… ma la crepuscolarità che pervade i brani nel loro complesso ha svelato una forza magnetica perché, poco alla volta, il numero di ascolti è aumentato e l’attenzione si è polarizzata nota dopo nota. È stato una scoperta in divenire, Sohn con la sua voce quasi efebica, e “Artifice”, “Bloodflows”, “Lights”, “Lessons”, sono diventati una colonna sonora costante di questo periodo e una delizia per le mie orecchie. La sensazione è la stessa di quando si scopre improvvisamente di avere cento euro dentro al portafoglio, perché ci si era dimenticati di averli nascosti in qualche oscuro anfratto in occasione dell’ultimo viaggio; Oppure quando si stappa una bottiglia di vino per un’occasione speciale e non ci si aspetta che sia proprio così buono. È un dubstep di grande profondità compositiva ma che restituisce un album delicato e a tratti quasi accennato, con una voce che si mischia con i suoni come se fosse una nota essa stessa. Questi suoni bussano alla porta dell’ascoltatore prima di entrare ma, una volta ottenuto il via libera, non se ne vanno tanto facilmente. Sohn riesce a fondere ritmi, elettronica, atmosfera e melodia e la cura anche dell’aspetto visivo dei brani (per i video collabora con i fotografo e regista austriaco Andreas Waldschuetz) fa di lui un artista a 360°.
Nonostante testi intimisti, estremamente introspettivi e vagamente “depressionali” (“I died a week ago/There’s nothing left/It’s caught on a video/The very last breath” – “The Wheel”), l’indole non certo spensierata del nostro (che afferma di trarre maggior ispirazione durante la notte, quando niente e nessuno lo disturba, durante lunghe e solitarie passeggiate in un mondo apparentemente disabitato) c’è un grande spessore in questo lavoro e ciò che rimane è solo una gioia assoluta.
(Patrizia Lazzari)