Con quella sua voce tanto sottile quanto accattivante, Death Vessel, creatura di Joel Thibodeau torna sulle scene musicali e regala un album che avvolge e trasforma i suoni che evocano non tanto il sound di una band quanto piuttosto le forze della terra e dell’acqua. Coadiuvato dal sigurossiano Jónsi, insieme a Pete Donnelly (The Figgs, NRBQ), Samuli Kosminen (Múm) e Thorvaldur “Doddi” Thorvaldsson, Death Vessel ha potuto creare un mondo ricco e sfaccettato che suona, a volte, come una foresta ben intonata, che sospira e si piega sotto una tempesta. Un disco Island Intervals, che scricchiola e tuona, un ghiacciaio che lentamente trova il suo cammino verso il mare. Abbiamo scambiato due chiacchiere con il capellone di Rhode Island per saperne di più.
Hai all’attivo due dischi che avuto gran successo in America, e oggi torni sulle scene con un terzo lavoro Island Intervals… qua in Italia però non sei molto conosciuto. Ecco, ci puoi raccontare brevemente come si è sviluppata la tua passione per la musica e come è nata la one-man-band Death Vessel?
Ho iniziato a suonare in gruppi quando avevo circa quindici anni. I miei amici scoprirono che avevo accesso alla batteria che mio fratello maggiore aveva smesso di suonare mentre frequentava l’università, e mi hanno chiesto di unirmi al loro gruppo. Diversi anni dopo ho preso la chitarra e ho cominciato a scrivere canzoni. Alla fine, io e mio fratello abbiamo formato una band insieme chiamata String Builder. Dopo aver pubblicato due album (registrato da Pete Donnelly), ho deciso di suonare per conto mio. Con l’aiuto di amici, Pete Donnelly (Figgs, NRBQ), Erik Carlson (Viola Ivy Shadows, Area C), Micah Blu Smaldone e altri, ho registrato l’album ‘Stay Close’ e denominato la band Death Vessel. Inizialmente è stato autoprodotto in formato cdr con la confezione fatta a mano fino a quando la North East Indie Records lo ha poi pubblicato nel 2005.
Il tuo primo album Stay Close mescolava un suono country con la tradizione celtica e piccoli esperimenti elettronici mentre con Nothing is precious enough for us, ti sei avvicinato al folk pastorale pervaso da una fortissima spiritualità. C’è una sorta di fil rouge dentro i tuoi dischi? Che cosa lega le storie che racconti nelle tue canzoni?
Tendo a scrivere canzoni in lotti. Perché lavorando su più brani allo stesso tempo inevitabilmente questi condividono le caratteristiche sonore e liriche.
Nei i tuoi precedenti lavori ricordavano appunto una tradizione più folk suggerendo un suono da falò sulla spiaggia, oggi con Island Intervals evochi foreste, abissi glaciali, terre lontane. Nella composizione delle canzoni è cambiata la tua attitudine?
Il mio modo di suonare la chitarra su ‘Island Intervals’ non è così prominente come invece sulle mie due precedenti produzioni. Ho cercato di mantenere le mie composizioni semplici in modo da consentire più spazio agli altri musicisti e strumenti.
Parliamo di Island Intervals, i cui toni sono fragili, melodiosi e teneri. So che hai lavorato con molti musicisti, da Jonsi a Pete Donnelly fino a Kosminen dei Múm. Come è stato possibile ottenere un suono tanto intimo in una collaborazione direi abbastanza piena di personalità anche diverse?
Ho lavorato con Pete per un lungo periodo. Lui è uno dei miei primi sostenitori. È un musicista versatile con ampi gusti. Si è sempre relazionato con le mie canzoni in modo rapido e naturale. Fortunatamente lo hanno fatto anche Alex Somers, Jónsi e Samuli Kosminen. Sono tutti incredibilmente talentuosi.
Parliamo un attimo dell’artwork del disco. C’è una predominanza del blu, che è anche il colore della tristezza, della solitudine. È molto diverso dalle copertine dei tuoi dischi precedenti, chi lo ha curato?
L’artwork è stato creato da mio fratello maggiore, Alec Thibodeau. È un fantastico artista visivo e illustratore altamente qualificato. Ha fatto l’artwork per il mio album precedente e ha fornito le illustrazione per ‘Stay Close’. Lui e la sua dolce metà sono venuti a farmi visita a Reykjavík, mentre stavo registrando l’album. Era la sua prima volta. Durante il mio giorno libero, tutti e tre abbiamo affittato una macchina e siamo andati in esplorazione. Quando tornai a Providence dopo la mia sessione di registrazione finale, ho dato Alec una copia dell’album. Ispirato dalla sua visita, dalla musica e dalle parole, se ne uscì con un disegno iniziale, che mi è piaciuto subito. Centrato intorno alle sue illustrazioni, il disegno finale è il risultato di un processo multimediale. Le zone blu scuro rappresentano masse di terra pertinenti ai punti in cui è stato creato l’album.
La tua voce suscita sempre grande interesse e curiosità: tu quando hai scoperto di possedere questo strumento così particolare e dal suono misterioso?
Quando ho cominciato a scrivere canzoni ho notato la tendenza a gravitare verso un registro più alto. Penso che la ragione di questo sia che quando le idee vengono da me, le canticchio tra me e me tranquillamente in una sorta di voce in testa. La mia voce e il canto esteriore sono un tentativo di riprodurre quel suono.
Ho letto che sei nato in Germania, hai vissuto in più parti dell’America e adesso hai registrato un disco vivendo per tre mesi in Islanda. Quali di questi tre luoghi ad oggi predomina in te?
Mi piace viaggiare in terre straniere e sperimentare le diverse culture. Devo scegliere l’America perché sono cresciuto negli Stati Uniti e ho passato la maggior parte del mio tempo lì.
Death Vessel che tipo di musica ascolta di solito?
Ascolto ogni tipo di musica. Ultimamente, ho gradito Clark-Hutchinson ‘A = MH2’.
Ci sono artisti o band che senti vicini al tuo mondo e al tuo modo di fare musica? Ti piacerebbe collaborare con qualcuno?
Ho collaborato con grandi musicisti durante la registrazione di “Island Intervals”. Alex, Jónsi, Pete e Samuli hanno tutti portato individualmente i loro talenti unici. Sono stato fortunato.
Che rapporto hai con la tradizione e quali sono gli artisti folk del passato che hanno segnato più profondamente il tuo percorso musicale?
The Carter Family sono stati un’influenza sul mio primo songwriting. Altri artisti folk che mi piacciono sono i Louvin Brothers, Mississippi John Hurt, Roscoe Holcomb, Hazel Dickens & Alice Gerrard e Towns Van Zandt, per citarne alcuni.
(Beatrice Pagni)