Seconda prova discografica per il terzetto toscano dei Werner, Down below on your own, una purezza cantautorale alternative che sa di barlumi autunnali e torba attinti da una sensibilità malinconica espressivamente bella, un disco ed una tracklist che porta per mano attraverso un mondo misterioso e delicato, quei contenimenti d’anima che aggiungono verità e stati momentanei apneici durante la sua presentazione d’ascolto.
Tredici tonalità tendenti al grigio che hanno una capacità d’immedesimazione e di riflessioni notturne difficili da non cogliere, tutto ingloba una solitudine dilaniante passioni e sogni, microspazi e gioie che si danno il cambio dentro una offuscata vitalità poetica, tracce che hanno una profondità immaginifica come una luna dentro il pozzo della vita e che a furia di girare sul piatto stereo finiscono per colonizzare audacemente cuore e testa. Una scrittura e timbriche d’archi pregevoli, pianoforti e ombre, chitarre acustiche e arie metafisiche a cavallo tra le tundre oniriche degli abbandoni di Ibsen e Grieg (“Lara”, “Red room”, “Trees have something to say”) e le contaminazioni classiche della coerenza indie pop (“Clouds”, “Mountain”), uno di quei dischi che sanno sapientemente mixare brume e deboli raggi di sole rimanendo dentro e comunque un cerchio di originalità mai invasiva, piacevolmente elegante nelle sue misure.
I Werner tornano di nuovo in giro con le loro ombre lunghe sempre dotate di una linearità formale assolutamente impeccabile.
(Max Sannella)