La prima parola che viene in mente leggendo i testi e ascoltando le tracce del debutto omonimo su lunga distanza dei This is not a Brothel è “Hard”, il riferimento non va soltanto alla musica in cui viene riproposta in chiave molto personale e postmoderna quel suono ruvido che riporta indietro di venti anni, alla miscela altamente infiammabile di stoner ed alt-rock che flirta con un cantato melodioso, ma anche e sopratutto per la forte componente erotica dei testi tanto da essere così spudorati da chiedere alla pornostar Roberta Gemma di essere la protagonista del video della title track (c’è da sottolineare che i ragazzi sono stati anche molto intelligenti da non realizzare un clip volgare come si potrebbe immaginare in questi casi data la presenza di una pornodiva). Il disco contiene undici tracce registrate nello studio della band, mixato da Davide Iannuzzi presso il Prowave Studio mentre il mastering è avvenuto a New York, nello Sterling Sound, con l’ausilio di di Steve Fallone, la sua uscita è prevista per il 15 Marzo su Produzioni dal Basso.
Dunque l’intreccio delle due componenti “hard” ha generato un album eterogeneo dove i Queens Of The Stone Age organizzano un party selvaggio assieme ai primi Soundgarden (e sappiamo bene quanto Chris Cornell riesca ad attirare a sé un bel po’ di gentil sesso disposto a tutto pur di cadere tra le sue braccia); mentre nei momenti in cui si spinge meno sull’acceleratore e si cercano soluzioni più articolate vengono in mente gli A Perfect Circle se non addirittura i Tool (ascoltare la parte “meditativa di ” “It Ain’t The Desert” per credere). In conclusione, un disco per corpi lascivi e animi inquieti, in grado di raccontare in modo crudo e diretto le esistenze di personaggi sempre in bilico sulla lama del rasoio della vita.
Per districarsi meglio tra le pieghe di questo interessante debutto tutto italiano, il cui streaming è in anteprima su Shiver per una settimana, ho incontrato virtualmente uno dei fondatori della band, il batterista Dino Cuccaro, con il quale si è parlato appunto di tutto il corollario musicale e non che avvolge i This Is Not A Brothel.
Iniziamo subito dal moniker, This is not a Brothel (Questo non è un bordello), in realtà voi di bordello, inteso come rumore, nel disco ne fate tanto. Ci spiegate il significato del nome?
Tutto il nostro progetto gira intorno al doppio senso e all’ambiguità: i testi, i videoclip e senz’altro il nome. Il “bordello” a cui fa riferimento il nome della band, è inteso solo in parte come il classico “playing louder” rock, anche se, come dicevi, di bordello in tal senso effettivamente ne facciamo tanto. “Brothel” sta per “casa di piacere”, le classiche “case chiuse”. Il nome è mutuato da un’iscrizione presente sulla porta d’ingresso dell’appartamento di Soho di Sebastian Horsley, artista dandy inglese morto qualche anno fa, che faceva dell’eccesso e dell’ambiguità le sue principali tematiche e che aveva una concezione alquanto particolare della prostituzione. L’idea è stata di Gianluca Merola, scrittore con cui collaboriamo, in pratica il sesto Brothel. Ci è piaciuta da subito l’idea, perché ritenevamo calzasse a pennello con la nostra realtà di collettivo musicale rock.
Ognuno di voi proviene da diverse realtà musicali, come siete arrivati a formare la band?
È avvenuto con la massima naturalezza possibile. I membri fondatori della band, Dino Cuccaro (batteria e piano elettrico) e Fabio Giobbe (voce e chitarra), prima di dar vita a questo progetto hanno condiviso otto anni di musica nella band casertana “Sleeping Beauty”, attiva nei primi anni del 2000. Durante i loro vari live hanno condiviso il palco con altri gruppi; da qui, con molti dei musicisti conosciuti è nato un rapporto di stima ed amicizia reciproca. Ecco spiegato l’incontro musicale e il coinvolgimento nel progetto di Antonio Zannone (Il Malpertugio), Giuseppe Diotaiuti (Armida) e Dario Emanuele (The Aircast).
Nel comunicato stampa si legge che il disco è un concept sulle storie di persone che vivono una vita borderline, si tratta di riferimenti personali o di ispirazioni prese in prestito da letteratura e cinema?
Tutti i riferimenti sono a episodi reali. Alcuni non ci coinvolgono direttamente, ma riguardano storie di persone conosciute durante le nostre vite. Altri testi invece sono autobiografici, e riguardano nostre esperienze perverse ed eccessi.
Com’è avvenuto l’incontro con Gianluca Merola, autore casertano, che ha scritto due delle undici canzoni presenti nel disco?
A Gianluca Merola ci lega un’amicizia e una stima pluriennale, risalente ai tempi del liceo. Non è la prima volta che collaboriamo con lui; infatti, già per gli Sleeping Beauty scrisse il testo di un brano. É stato naturale perciò coinvolgerlo in un concept album come questo. Amiamo molto la sua antologia di racconti “Dio Taglia 60”, ci piacciono le tematiche che tratta, che tra l’altro hanno tanto a che fare con quelle del nostro concept, e perciò volevamo fosse parte integrante del progetto e del disco.
Chi ha realizzato la copertina del disco e cosa rappresenta tutta la simbologia erotica più o meno velata contenuta in essa?
I disegni della copertina del disco sono stati realizzati dall’artista casertano Crescenzo Di Maio. Anche questa è stata una fase molto elaborata del progetto, visto che ha usato diverse tecniche per la realizzazione; in particolare, la front cover è stata molto elaborata perché realizzata a fresco. Riguardo la simbologia erotica, Crescenzo ha fatto riferimento ai testi del disco, ma in modo surrealista e del tutto personale. Diciamo che non è l’artista che sta lì a spiegarti il significato preciso delle sue opere. Allo spettatore il compito di decifrare.
C’è una situazione che avete vissuto in prima persona che non sfigurerebbe come testo di una delle vostre prossime composizioni?
Ce ne sarebbero tante di situazioni “vissute”, ma per adesso ce le teniamo strette per testi futuri.
La Imma protagonista di ”Immaculate” è a conoscenza di essere oggetto del desiderio di una vostra canzone?
Forse. Imma è un nostro sogno erotico, e probabilmente sa di esserlo. Vive nei pressi di un luogo che è un nostro punto di ritrovo, ed ogni volta che la vediamo passare le nostre attenzioni sono, diciamo così, convogliate su di lei…
I brani hanno una matrice stoner sanguigna e ruvida e a me sono venuti in mente subito i Queens Of The Stone Age. Quale pezzo fareste cantare a Josh Homme e perché?
I Queens sono sicuramente una band che stimiamo particolarmente, anche se poi ognuno di noi ha ascolti e influenze diverse. Josh Homme da qualche anno è uno dei musicisti rock internazionali che attira grosso interesse da parte di pubblico e critica musicale, e di certo non dispiacerebbe a nessuno avere a disposizione la sua voce per un pezzo. I brani che gli faremmo cantare sono “Loving a corpse” o “Oda Latvija”.
Com’è nato l’incontro con Roberta Gemma?
Abbiamo la fortuna di avere nella band tra i chitarristi il regista casertano Antonio Zannone. Volevamo perciò che anche i video avessero a che fare col concept. Antonio cercava una maggiorata autentica per poter omaggiare Tura Satana, ed è stato abbastanza naturale contattare Roberta Gemma, la pornodiva simbolo della bellezza italiana. Le abbiamo scritto tramite mail, le abbiamo parlato del progetto di cosa avevamo intenzione di fare. Quindi ci siamo dati appuntamento in un club in occasione di un suo spettacolo per approfondire la cosa e lei da subito si è dimostrata entusiasta del progetto.
Elencate tre canzoni di altre band per arrivare a voi, da consigliare a chi non conosce i This is not a Brothel.
Non è facile rispondere a una domanda del genere, dato che i nostri riferimenti sono vari e sicuramente non univoci. La nostra musica nasce in sala ed è frutto di ore di prove, dove i nostri gusti ne escono frullati. Possiamo dire, però, che un nostro riferimento è l’alternative rock anni ’90, con cui ci siamo fatti le ossa.
Prossime date dal vivo?
14 Marzo @ Cantina Mediterraneo, Frosinone (FR)
18 Aprile @ SMAV, Santa Maria a Vico (CE)
2 Maggio @ Mr Rolly, Vitulazio (CE)
(Antonio Capone)