Il garage rock… nostalgia mista a rimpianto, rimpianto di non avere mai trovato qualcosa di musicalmente troppo valido in tutta la penisola. Poi però arrivano i The Provincials a cambiare le carte in tavola, e ci si ritrova magicamente ad ascoltare Provolone Records un album variopinto di tutto il meglio che il vecchio sound anni 60 ha lasciato ai posteri, si tratta di una tradizione importante quella che ritroviamo reinterpretata per il 2000 nei brani di questa produzione.
Partendo dalla strumentale “Easy rider” si comincia di botto, veloce, istintivo, un esplosione che permette a cervello ed orecchie di cominciare un dialogo inaspettato, tutto scandito ad impatto sonoro da un linguaggio puramente musicale. È veloce, è entusiasmante, ed è soprattutto immediato, no, non mi sto ripetendo, si parla di un immediatezza cognitiva, di quelle che ti fanno muovere il capo ad un ritmo invasato e pericoloso. Ed ogni traccia scappa via, corre e corre esagitata come presa da un attacco epilettico, con punte psichedeliche in un suono lo-fi. “Homesick”, o mio dio! Ma quello è un trip, dice il cervello alle orecchie, si si è proprio un grande trip! Rispondono loro entusiaste. È il lavoro di dieci anni di gavetta condensati in una sintesi dei migliori 50 anni di musica, troviamo di tutto, riscopriamo un suono tempestivo, quelli che ti fanno venir voglia di ballare da solo in camera con le cuffie. No, mi sento un impedita a scrivere mentre ascolto, perchè ogni due secondi smetto di concentrarmi e riesco a perdermi dentro il beat di “You penetrate me”, una sorta di proto punk alla T-rex che qui, nel 2014 si fa prepotentemente spazio.
L’unica domanda che riesco a pormi ascoltando l’ultima traccia “Iced instinct” è “dove cavolo erano sino ad ora?” mi rivolgo direttamente alla band in questo momento, aspettandomi una risposta si intende. Dove diavolo eravate nascosti sino ad ora?
(Chiara Manera)