Questa volta il collettivo dei March Division vuole farci ballare, e ci riescono alla grande con il loro secondo Ep Post meridian Soul, un sei tracce tra shuffle a balzelloni, melodie catchy, elettro-dance immediata e pop a profusione che agita a dovere corpo e intendimenti, per non parlare poi della cromatura syntetica anni Ottanta che il disco direziona, una venalità d’ascolto che fonde stili e sound tra memoria storica e progettualità nuova e che cresce in un percorso personale man mano che la tracklist “sgancia” le sue piccole perle sonore.
Si, disco tutto da ballare – piaccia o no – ma sicuramente carico di energia ritmica e suggestioni in bianco e nero, ombre Depeche Mode che imbrattano con stroboscopiche allucinazioni Kasabian, convulsioni techno sparpagliate ovunque e il fascino clubbing notturno che mette voglia irrefrenabile di vita da vivere, di ore da spendere, di tempi vitali da allungare all’infinito, insomma uno di quei dischi che oltre che girare libero, risucchia anima e corpo in un continuo dancefloor fluo che fa impazzire le forme inamovibili della quotidianità. Andy Vitali, Emanuele Platania, Stefano Lai e Mattia Pissavini creano una potenza sonora con pochissimi riempitivi, tutto diretto e luccicante in una versatilità inconfondibilmente hypster che fa “branco e trendy” in pochissimi attimi, non appena che il ritmo MD avvia il suo pulsare generoso, corale e dancey. Ma le parole sicuramente non potranno mai colorare di vivo quello che i brani – effettivamente – trasmettono, occorre una copia di questo bel registrato, inserirlo nello stereo e alzare il loud a livelli industriali, poi lasciate che il vento del suono prenda confidenza col vostro animo e tutto poi si trasferirà in una discoteca virtuale, e brani come la snodata e ancheggiante “Right on my way”, il “busso” tribal-disco “Downtown devil” o il funky leopardato di “Sell-by date” prenderanno possesso della parte nascosta della vostra anima selvaggia per strapazzarla di piacere e libertà corporea.
I March Division la sanno lunga circa la voglia di evasione dagli stereotipi – lo si sente benissimo – e a loro l’onore di aprire le danze e a noi il dovere di esserne “beatamente”, soggiogati. Hop hop hop!!!
(Max Sannella)