Se dobbiamo prestar fede alle note di copertina dell’album d’esordio dei milanesi Wemen, il titolo Albanian Paisley Underground sarebbe stato preso a prestito dalla recensione di un loro concerto: il giornalista firmatario dell’articolo avrebbe definito la loro musica una sorta di Paisley Underground suonato in Albania. Lungi dal descrivere in modo esatto quanto contenuto nelle dieci tracce (nove inediti e una cover, piuttosto calligrafica, di “Kingston Advice” dei Clash), la scelta del gruppo denota per lo meno un certo grado di autoironia.
Le coordinate che più si attagliano al suono dei Wemen sono da ricercarsi invece tra l’Inghilterra dei primi Ottanta e gli Stati Uniti di inizi Novanta, entrambi culle di correnti “post”: post-punk e post-rock. I delay e il basso angolare ibridati con la certosina disposizione di pieni e vuoti dell’iniziale “Prince of Persia” formano il manifesto dell’album e dettano il passo per il resto dell’album. “Young Ebenezer” infatti è un brano che porta cassa dritta e chitarre taglienti dritte dritte a Washington DC per intraprendere un corso di post-hardcore. I Wemen non rinunciano poi ai ritmi in levare che avevano sposato nel singolo “Playa Do Rei”, estratto dallo split con gli Hacienda, e che ritornano in “Coming Over Me” e “Jim & Jam”. Qui i ritmi si fanno rotolanti, senza però abbandonare il tiro post-punk, e introducono la cover di “Kingston Advice”, tributo alla principale – e più ingombrante – delle influenze dell’album: i Clash di Sandinista!. È proprio la parte centrale dell’album a convincere poco. Per quanto avrei personalmente chiamato l’album “Italian Sandinista!” anziché Albanian Paisley Underground, i Wemen dimostrano con questo lavoro di saper comporre rock’n’roll di buona fattura, sanguigno e aggressivo quanto basta per essere convincenti. Tuttavia la doppietta bubble-gum punk “Let Me Get Out” e “Lose It All”, infilata dopo la pleonastica cover dei Clash, smorza i toni e impone una brusca frenata allo slancio del disco. Dimenticando senza colpo ferire l’incolore parentesi, il boccone torna per fortuna succulento con “The Surfer” e “Tremerai Ancora”, potenti assalti dark al fulmicotone e picchi creativi dell’album.
Nel complesso, “Albanian Paisley Underground” soffre delle idiosincrasie tipiche del 90% degli album di debutto. È discontinuo, paga eccessivo tributo ai propri eroi musicali, alterna geniali trovate compositive a soluzione posticce, è incontenibile nella sua irruenta voglia di esserci ed esistere. Tuttavia è un ascolto interessante, scorre bene (skippando le tracce giuste) e diverte. E poi “The Surfer” e “Tremerai Ancora” sono prove sufficienti per collocare i Wemen tra gli osservati speciali in attesa del secondo album.
(Francesco Morstabilini)