La doverosa premessa che mi sento di fare nello scrivere di Shelter, quarto album dei francesi Alcest, è che prima d’oggi non avevo mai ascoltato niente di questa particolare band. A sentire molti i quattro sono passati dal black metal al dream pop senza apparenti segnali, lasciando basiti molti fan della prima ora. Da neofita posso dire che definire i primi dischi “black metal” è una delle più grandi cazzate che abbia mai letto (come affermato dallo stesso Neige, leader della band) e che l’evoluzione compiuta da Le Secret a Shelter è qualcosa di straordinariamente limpido, positivo ed emozionante.
Gli Alcest suonano ed hanno sempre suonato un potente shoegaze/dream rock pieno di distorsioni, crescendo potentissimi e linee vocali azzeccatissime. Chiarito l’ambito in cui ci stiamo muovendo è evidente che “Shelter” è il prodotto finale di un percorso evolutivo basato sulle emozioni e i sentimenti di Neige che hanno, di conseguenza, influenzato il sound del gruppo, portandolo dal rock al pop, sempre nell’ambito “dreamy” dei due macro-generi. Ecco spiegate, dunque, le registrazioni effettuate nello studio dei Sigur Ròs e la collaborazione di Neil Halstead dei grandissimi Slowdive. Sono, infatti, evidenti le influenze delle due band appena citate, sebbene filtrate dalla grande personalità di Neige e dalla volontà di costruire un percorso sonoro basato sulla positività e la leggerezza, piuttosto che sulla solita malinconia di cui è piena la musica rock da trent’anni a questa parte. L’intro “Wings” e il singolo “Opale” sono un inizio splendido per un disco che è un crescendo di energia positiva e di forza rigenerativa, che culmina con la conclusiva onda emotiva di “Delivrance”, passando per l’evocativa “Voix Sereines”, la quasi-hit “Shelter” e lo slowcore di “Away”. Il cantato in francese, altra peculiarità del progetto, si sposa alla perfezione con le sonorità del disco e fornisce un ulteriore elemento che rafforza la scelta stilistica di Neige (comunque già sostenuta nei veri progetti black dell’artista come i grandi Peste Noire). Certamente siamo ancora un pochino distanti da capolavori di genere come Just For A Day degli Slowdive o Nowhere dei Ride, ma rimane la certezza di essere in ascolto di un grande disco shoegaze, che, grazie alla fama in ambito metal di Neige e ai precedenti della band, potrebbe far avvicinare definitivamente ambienti apparentemente diversi, ma mai così emotivamente affini come in questo ottimo lavoro.
Un’ultima grande soddisfazione (da fan degli Slowdive), per cui devo rendere merito agli Alcest è poter sentire nuovamente la voce di Halstead in ambienti sonori così vicini al progetto che lo ha lanciato nella storia.
(Aaron Giazzon)