Nonostante vent’anni di consolidata maestria nell’arioso quanto impetuoso prog-rock di classe, i pindarismi immacolati del musicista e polistrumentista Fabio Zuffanti non conoscono atterraggi o quanto meno stanche, tutto si svolge come guida essenziale per “volare alto” mentre si ascolta musica, un’epica e sonorità che irretiscono – con brune wave, psichedelie evanescenti, jazz e sinfonie elettroniche – l’aria che si respira e l’ascolto che rimane sospeso all’infinito. La Quarta Vittima è il nuovo disco dell’artista ligure ed è tratto dalle metafisiche mid-gotiche de “Lo Specchio Nello Specchio”, libro di racconti di Michael Ende, e quello che ne risulta fuori è uno straordinario “miscelato” di atmosfere, timbriche, stati d’anima e fluidi che portano lo spettro sonoro a conficcarsi tra lo spirito e l’ emozione di chi ascolta, di chi si lascia rapire da tanta stratificata destrezza.
Un disco a molle, inafferrabile nelle sue “congetture interpretative”, tracce che si avviluppano e cambiano come botte di testa ventose che si imbizzarriscono, aggraziano, sprofondano e si rimettono in verticale fino ad esplodere in narrazioni e poetiche lunari, tracce (sette) che riverberano un progressive-rock mutevole, umorale ma anche dolcissimo nei suoi ritorni strumentali “vintage” che – vedi il Mellotron, la Leslie che gira da matti, i sinth e gli oscillatori che fanno festa – oltre che a mandare su di giri i fans incalliti, del genere, riportano intatti i batticuore e le frenesie incontenibili di certi “aviatori prog”, da Steve Hackett a languori Battiateschi, o addirittura PFM e derive jazzly alla Don Pullen, in pratica una forma/sostanza ambientale che porta la cognizione di musica prog agli alti stati funzionali dell’estetica. Con l’artista in questa nuova avventura una schiera di musicisti collaboratori da brivido ed una produzione coinvolgente, ma quello che più “aggredisce divinamente” l’orecchio è la sterminata creatività in cui Zuffanti – senza mai un briciolo di piattume nostalgico – riversa on air, una straordinaria sovrapposizione di immagini soniche e musica che una volta lasciate schizzare via, nella libertà della loro natura, riempiono e svuotano anime e cervello, in un continuo gioco talentuoso.
Approccio di cautela com’è normale che sia quando ci si avvicina a mondi “altri”, poi, la trasognante e solida struttura del disco piano piano si scioglie dalle sue sfumature complesse, ed è allora che si potrà affermare che il sogno di Zuffanti è quanto di meglio ci si poteva aspettare in questa prima tranche d’anno nuovo. Eccellenza garantita!
(Max Sannella)