La formazione di Reno, i Buster Blue, capitanata dalla suadente e astratta di Bryan Moses Jones, a distanza di tre lustri dal formidabile “When The Silver ‘s Gone”, torna a festeggiare la sua tranquilla forma sognante artistico- musicale con Sleep Less Where The Heats, un riverbero a gravità pressoché zero che in dieci tracce ribadisce poeticamente quello che la band americana mette come scopo primario, come mission, tra chi ascolta e chi fornisce la materia sognante, e quello che ne esce fuori è una grande e sostenibile tranquillità alt-folk da benedire a piene mani (dicasi applausi).
Vite scollate, piccoli drammi d’amore, solitudini tra campi di segale e ballate strizza cuore, fanno da arredo in questo bel poemetto atmosferico che si ispira molto anche alle scene da mid-west di stampo Counting Crows (“Sleeplessness”, “Good old days”) quelle nebbioline acustiche e temporali di provincia che passano all’ascolto alla pari di un sogno a mezz’aria, che non delude e da la voglia di “scappare di casa” per raggiungere il proprio mondo interiore: c’è tutta quella verve poltricciante di una America allampanata e sincera, melodia e tradizioni che convivono tra ritmi, banjo, violoncelli, pianoforti, vapori e canti melanconici che diluiscono la pigrizia in una carica (gentile) di vita. I Buster Blue pulsano incessantemente, la loro è un arte folk che prende le distanze dalle canonizzazioni stilistiche di settore, la loro è una strada contraria che porta all’infinito, dentro e fuori lo spazio aereo di una poetica molto sentita, partecipata.
Al traguardo di questa ottima list scegliamo – tra le tante – il sospiro invernale di “Magnetic pull”, l’easy bucolico e acustico di “Morning time”, il clapping country-gospel che da vita a “Take Montana in coeur d’Alene” e l’amara solennità di tasti di piano che “Light in the attic” – con una straordinaria apparenza vocale impressionatamente alla Freddie Mercury – slanguida tutt’intorno, il resto è tutto da scoprire, tutto da gustare mentre fuori magari o piove o ancor meglio se nevica fitto fitto. Discone one one!
(Max Sannella)