Sono passati 13 mesi 13 giorni e 13 ore dopo l’uscita di No Love Deep Web, il 13 Novembre 2013 alle 13 e 13 il profilo facebook, il sito internet e quello soundcloud della band di Sacramento hanno rilasciato in free download il loro terzo disco. Questa mossa anticommerciale e antiguadagno gli era valsa il licenziamento dall’etichetta Epic Records poco più di un anno prima, con conseguente sputtanamento globale e una serie di diatribe legate ai concerti difficilmente digeribili anche dai fan più accaniti. Adesso hanno la loro etichetta e sono tornati a fare disastri quindi ce ne fottiamo di tutto e parliamo di musica.
I Death Grips sono l’incarnazione della pazzia, sono la follia mentale che si è impadronita della musica rap, sono il marasma sonoro che satura l’orecchio. Un cantante e un batterista sarebbe troppo riduttivo; perché quel cantante Stefan Burnett con evidenti segni di tossicodipendenza distrugge con la voce maligna tutto ciò che gli sta intorno e urla dimenandosi perché l’aggressività dei testi e delle rime lo manda in uno stato di trance difficile da spiegare senza l’ausilio di componenti chimici, il batterista è Zach Hill e dovreste sapere benissimo tutto su di lui ma diciamo che uno dei più grandi batteristi degli ultimi anni, come definizione, potrebbe bastare. Tutto qui: basi noise sparate a volumi ignobili, uno straordinario lavoro di batteria a formare le basi per le rime, testi controversi urlati in faccia all’ascoltatore e poi nel mucchio selvaggio entrano versi animaleschi, loop, registrazioni e sottofondi hip hop che spingono sempre nella stessa direzione: la pura schizofrenia musicale. Se avete già ascoltato qualcosa di questo duo (trio) vi accorgerete anche che questo terzo disco ufficiale è in qualche modo più controllato, il marasma musicale sembra meno caotico e studiato sopratutto perchè dopo un periodo di vera anarchia musicale i Death Grips hanno definitivamente scelto la via della sperimentazione; si possono distinguere molte basi derivate dalla musica techno e l’elettronica che viene sprigionata dal loro laptop ingurgita in ogni traccia una quantità maggiore di contaminazioni footwork e grime. La paranoica ricerca di questa band non è quella di arrivare ad un suono perfetto e nemmeno di porre le basi per qualcosa di nuovo ma semplicemente di mettere in musica tutto ciò che passa per la mente, e siccome la mente riflette il mondo circostante il risultato non può che essere la ossessiva sperimentazione di tutto ciò che limita la condizione umana. Pesanti da ascoltare e anche da vedere, (purtroppo non ho ancora avuto il piacere di vederli dal vivo) in tanti momenti riescono ad andare talmente oltre che perdi la connessione con tutto ciò che è musica e ti domandi se quello che senti è soltanto rumore casuale. Queste 11 tracce sono la rivoluzione elettronica di una band che non aveva mai fatto capire a nessuno il genere di musica che suonava e rappresentano l’ennesima rivoluzione di un gruppo scalmanato che dalla rabbia ha aperto nuove strade. Hip Hop così non se ne era mai sentito e quando vi renderete conto di quanto bisogna essere malati per ascoltare un gruppo così capirete anche che nessuno avrebbe mai pensato a questa miscela sonora.
Tutto ciò che tortura l’orecchio fa parte di questo suono, tutto ciò che spaventa e nello stesso tempo attira fa parte di questo suono, il sublime rancore che si cela dietro ogni fottutissimo rumore alimenta la convinzione che per uscire dalla mediocrità musicale molto spesso ci sia bisogno di qualcosa in più: per i Death Grips è la rabbia.
(Marco Vivarelli)