I livornesi Vision of Johanna dopo una serie di ep finalmente escono allo scoperto con un lavoro sulla lunga distanza, confezionando 11 brani pop-rock malcelati da una coltre alt-rock che dona al lavoro un lato volutamente oscuro.
I Vision of Johanna che traggono il nome (solo quello) da una nota canzone di Bob Dylan e che per il resto sono praticamente agli antipodi rispetto al songwriter più famoso della storia musicale, giocano a fare i rocker maledetti arrangiando in modo tormentato tutti i pezzi di Lococulisti o maglione, finendo per mischiare ispirazioni pop con venature malate come accade in: “Fermi c’è William!”. Decadenti non è la parola esatta ma è la prima che viene in mente pensando alle liriche, ermetiche sconnesse, e ad un mood melanconico da giornata uggiosa. Il primo paragone da cui non si può uscire è quello con i Verdena, basta ascoltare “Lococulisti pt.1,2” e tener presente che l’emulazione della band bergamasca ritorna ciclica come in un loop in quasi tutto il disco. Rock posticcio da band di nicchia anni ’90 in “Cipria”, mentre più distesa “Dibattito di ohm” è una delle migliori tracce presenti nell’album, dove si può scorgere una dimensione sentita e personale. Un po’ scontata “L’amore illecito della corte” con il suo sound piatto e un testo da apprendisti scrittori alle prime armi con un diario personale.
Forse è proprio questo il punto di non ritorno in cui si passa dall’avere l’aspettativa che la band ci possa condurre ad un livello superiore, sulla base di alcuni elementi intravisti nella prima parte del disco, ad essere totalmente disillusi che questo possa accadere, notando lo squilibrio che intercorre tra brani tirati o profondi (“Bambino Hey!”; “Kalimero”) rispetto a pezzi quasi costruiti a tavolino (“Maglione”), necessariamente melensi, struggenti e posizionati come final track. Non è un reato mortale legarsi ad alcune sonorità e farle proprie e senza dubbio in alcuni casi può essere un esperimento che porta a risultati notevoli, ma eseguire semplicemente la lezione non può bastare; ad imitare band che dell’alternative italiano hanno fatto la storia e la fanno tutt’ora, si finisce solo per essere alle stesse paragonati con tutto quello che di negativo può derivarne da questo confronto.
Peccato bastava lasciarsi andare di più ed essere meno attenti a reincarnare un determinato cliché per ottenere un prodotto molto più veritiero e godibile.
(Marco Iannella)