Dopo la parentesi Morgan che ha prodotto anche un libro, e due album molto belli di cui uno, Il Minuto Secondo, co-prodotto da tre suoi fans, Fabio Cinti approda alla Mescal e partorisce il suo terzo figlio, Madame Ugo, il cui primo singolo, l’accattivante “Devo”, è stato scritto da Franco Battiato, quasi a mettere a tacere tutti quelli che rimproveravano a Cinti i suoi continui debiti nei confronti del maestro siciliano. Del resto, è lui l’erede di Battiato, tanto vale cantarlo direttamente. Un’eredità pesante, lo sanno tutti quelli che con Battiato hanno avuto a che fare, da Alice in poi: ma Cinti se la cuce addosso come un guanto, e va dritto per la sua strada.
Però Fabio Cinti è più bravo quando non cede. Alla retorica, per esempio, veicolata spesso da ottime intenzioni come nel brano “Dicono di noi”, scritto tempo fa dopo una presa di posizione dell’ex Papa Ratzinger contro l’omosessualità (quando la bollò come minaccia alla pace): brano attuale più che mai ma romanticamente vieto sia nei testi che nella musica (“vorrei sulle tue ciglia come i surfisti nei giorni di vento volare”). Fabio Cinti è più bravo anche quando si stacca dai suoi modelli. Quindi da Morgan (“E lei sparì”), e da Battiato (“L’amore qualunque”, “Sweet sorrow”, e la fenomenale “Tensione onirica”). Quando lo fa, quando il suo sguardo si stacca da se stesso e dal suo mondo e naviga anche fuori invece che ostinatamente e sempre dentro, diventa una meraviglia. Ne è un esempio l’unico brano in inglese, nato grazie a una imprevista interazione virtuale: sul web, Cinti ascolta un brano di un ragazzo, Alex Turner. Se ne innamora, lo contatta, gli chiede il pezzo. Lo incide, e nasce “Days like this”, piccola perla. Altro esempio del talento ironico, istrionico e molto personale di Fabio Cinti è il secondo singolo estratto, l’irresistibile “Finisce l’estate”, pezzo da hit-parade se esistesse ancora una roba degna di questo nome. Tuttavia, “Madame Ugo” è un album meno intenso e compatto di “Il minuto secondo” e meno fresco di “L’esempio delle mele”. L’impressione è che ci voglia un quarto disco perché Fabio Cinti prenda il coraggio a due mani ed eviti i cori super pop di “Genet” per asciugare il suo grande talento e smorzare invece quell’impazienza che lo porta evidentemente a cercare strade che conquistino e catturino. Impazienza che Fabio Cinti confessa in “Flussi di pensiero nel sonno”, e che è quella di chi non si piega alle logiche commerciali e nello stesso tempo cerca un’approvazione di cui non ha bisogno.
Di questi tempi, avere la botte piena e la moglie ubriaca è più difficile che mai. Detto questo, “Madame Ugo” è un signor disco, con bellissime collaborazioni (Paolo Benvegnù), e la produzione artistica affidata a Lele Battista e Giovanni Mancini che valorizza l’eleganza di Fabio Cinti, sia vocale che interpretativa, attraverso arrangiamenti perfetti. Data cotanta eleganza, Cinti può anche permettersi di sporcarla con una scioltezza e una naturalezza che gli appartengono ma mostra raramente.
(David Drago)