Forse non si può mai capire completamente una band sino a che non la si ascolta dal vivo. È un peccato di cui è facile macchiarsi quando ci si ritrova a dover esprimere un giudizio su un album. Risulta allora incompleto il pensiero che si ha di un artista, soprattutto perché sarebbe bene considerare e distinguere le due anime: quella registrata e quella esibita. Premetto questo perché mi ritrovo a dover a parlare degli Editors dopo averlo fatto per recensire il loro ultimo lavoro in studio, The Weight of your love, uscito nel giugno scorso. In quel caso, non nascondevo la mia delusione per un album che non consideravo all’altezza dei precedenti. Per farla breve chiudevo dicendo: «Vi capirei se doveste avere nostalgia di The Back Room». Bene, prendete quella recensione e dimenticatela.
Quella delusione, che mi son portato dietro sino al giorno del concerto all’Alcatraz di Milano di giovedì scorso, è scomparsa del tutto. Faccio, dunque, un passo indietro rispetto al mio giudizio sull’album, non solo perché ho testato che gli Editors dal vivo sono una vera e propria bomba, ma perché proprio quei brani di cui avevo dubitato, assumono ben altro colore durante i live. Che “Munich”, “The racing rats”, “You don’t know love” fossero in grado di mandare in delirio la folla lo sapevamo già, che “Nothing”, un brano che quasi passa inosservato nella sua forma originaria, potesse regalare uno dei momenti più coinvolgenti dell’esibizione, non lo avrei mai detto. Riscritto per l’occasione in chiave rock (con l’aggiunta della sezione ritmica) ha rappresentato forse la parte più toccante del live, quando Tom Smith ripetendo il verso “Every conversation within you starts a celebration in me” ha cercato l’abbraccio del pubblico. Il senso sta tutto lì. Energia, passione, calore: è lo slogan perfetto per una band che non si risparmia dal primo all’ultimo minuto. Smith è un tarantolato che passa dalla chitarra elettrica all’acustica, dai synth al piano, senza mai perdere l’ispirazione e la carica. Sul quel palco giurerei di aver visto la sua anima. E con me lo farebbero tutti i presenti di quella magica serata.
Ulteriore sorpresa è stato constatare il feeling dimostrato tra i vecchi (Smith/Leetch/Lay) e i nuovi: Justin Lockey alla chitarra e Eliott Williams alla chitarra e ai synth, il primo arrivato per rimpiazzare l’ex Chris Urbanowicz, il secondo per rafforzare l’assetto live della band. Questo è anche il loro tour, sono i loro brani, che ora posso definire decisamente all’altezza del repertorio della band inglese. Non sono mancati in scaletta successi come “Bullets”, “Smokers outside the hospital doors”, “An end has a start”, oltre agli ultimi “A ton of love”, “Sugar”, “Formaldehyde”. Come ci si poteva attendere, chiusura affidata a “Papillon”, che fa scatenare i duemila presenti (anche più, considerando il già annunciato sold out) per l’ultimo sussulto di una serata decisamente da incorniciare. Da segnalare l’apertura dei Balthazar, interessante band indie-pop di provenienza belga.
Vedere gli Editors dal vivo è una di quelle esperienze da fare almeno una volta nella vita. Verreste ampiamente ripagati, a mio avviso, da una delle band inglesi più importanti dell’ultimo decennio.
(Salvatore Piccione)
Foto1: Salvatore Piccione
Foto2: Fanpage facebook Editors