C’hanno preso proprio gusto i Les Enfants a fare uscire un disco all’anno. Un modo alternativo e perché no anche furbo, qualcuno lo chiamerebbe guerrilla-marketing, di frammentare la propria musica così da tenere alta l’attenzione su se stessi grazie ad una serie di album pubblicati a cadenza annuale, anche se si tratta soltanto di quattro pezzi per volta.
Tutto è cominciato lo scorso Marzo con il mini disco omonimo di debutto uscito si ViaAudio Records che mostrava un buon potenziale sia nel songwriting che nella cura degli arrangiamenti. A settembre 2013 i quattro musicisti si ripetono dando alle stampe Persi nella Notte: questa volta i quattro di meneghini eliminano pure la label, tutto fatto e cucito in casa, autoprodotto si dice in questi casi, mentre il discorso sonoro rimane quasi fedele al debutto se non addirittura migliorato negli intenti. Dove prima avevamo un folk rock prepotentemente incline a soluzioni intime ed acustiche ora si scelgono soluzioni più corpose e muscolari. Ci si ritrova spesso a cavalcare sulle praterie sconfinate dei Band Of Horses: l’uno due di “Milano” e del singolo “Dammi un nome”, la prima con i doppi versi inglese/italiano e le chitarre nervose, la seconda con un epicità new wave da far invidia ai White Lies, sono un esempio bello e pratico di come dovrebbe suonare un pezzo in italiano con le intuizioni che travalicano i confini. “Cash” rallenta la corsa ma non il mordente, una ballad che racconta la voglia di cambiare la propria vita essendo ben consapevoli di poterlo fare solo attraverso il denaro (in contante, please!), che non fa la felicità ma sicuramente aiuta (e di questi tempi non è poco, essere felici anche solo per un quarto d’ora). Chiude il plot “Prendi Tempo”, un elogio indie pop sul trascorrere dei giorni, sull’esaurirsi di un tic tac tic tac frenetico delle ore come un pendolo di Poe che oscilla sulle nostre teste e sul darsi altre possibilità “Se finisse tutto il tempo/ ti fermassi un momento/ quante strade puoi riaprire/ nell’attesa/costruire.”
Stanno lavorando bene i Les Enfants, senza scoramenti, senza frignarsi addosso inutilmente. Certo le canzoni sono attorcigliate ad un sottile filo di opprimente insicurezza, fortunatamente contrapposta ad una voglia di fare, di non stare con le mani in mano e guardare il futuro passare sotto il proprio naso, ma sfido chiunque in questi tempi bui a non sentire un indefinito peso nel petto dato dalla crescente instabilità economico-sociale. Per di più sono anche musicisti in Italia, che forse è il massimo della sfiga per chi spera di voler vivere (soltanto) con la musica.
Ma voi continuate così, tenete duro, in alto i cuori!
(Antonio Capone)