C’è poco o addirittura nulla di fuoriposto in Beati voi che non capite niente, primo disco dei fiorentini Kelevra, gli ingredienti base per un disco destinato a fare il solco nella memoria dell’underground ultima generazione ci sono tutti, compatti e diligenti nel loro scopo di interessare l’ascolto più prossimo, tracce che – con deferenza massima – girano bene e tratteggiano una variegata scrittura che non si fa mettere i piedi sopra.
Disco che nonostante l’immaginario spensierato, conserva nel sottofondo una mitigata malinconia per il tempo, l’età, la vita che man mano che raggiunge stadi e vicissitudini, si consuma nella sua parte vitale, si logora e sparisce alle spalle, lasciando solo ricordi, gioie e amarezza alle quali si vorrebbe dare un colore, e credo che il lucido grigio topo possa stare bene come cromatismo di rivalsa e che sta benissimo anche come “scia indissolubile” una volta spento il lettore a fine corsa di questi lavoro; otto tracce di sottile poesia e di carotaggi d’anima che si ascoltano come un’atmosfera serale, dietro una finestra a fare i conti con un qualcosa che scorre sempre davanti e la quale ti penetra sottopelle come un veleno pacifico. La formazione toscana è particolarmente esaustiva nel suo percorso sonoro, pop, rock, istinto autorale e pulse elettronici in una sorprendente “parade” che è la componente vincente di questa tracklist fumigante e ballabile, che fa pensare ed evadere nel contempo, e che conduce – volendo o nolendo – l’orecchio di chi “intende” in un mondo personalissimo, eternamente florido di idee.
La sfida di rendere il disco in questione un incedere espressivo di buon rispetto è vinta, i Kelevra sanno quello che fanno e – con molte referenze della “main scene” toscana come lo shuffle bighellone alla Rondelli (“La moda dei vent’anni”), un giovane Benvegnù dubbioso e d’importazione (“La ballata di Lobo e Bianca”), dei Negrita di ieri e di oggi (“Icaro”, “Primavera di provincia”) e i Litfiba di primo pelo in “Piove (sguardo disincantato di una città smarrita)”, arrivano a ricreare languidumi e trambusti geniali, rinverdiscono certi scoloriti dettagli anni Ottanta e lanciano segnali che dimenano e inquietano il mare nostrum delle nuove proposte. Come si dice in questi casi: un eccellente aperitivo elettrico in attesa della “Grande Botta”!
(Max Sannella)