Paolo, Bazu, Saffo e Betta, quattro musicisti per un unico denominatore, Giobia, formazione del milanese già capifila di una nutrita notorietà, vanto qui e all’estero per il loro mondo musicale stroboscopico, colorato e influente che – con una stordente mistura di vibes since Settanta e cultura underground (quella proprio metedrinica) – avvolgono l’ascolto come dentro una capsula del tempo ovattata e caotica, una benedizione sonica che, come disse in un lontano tempo Byrne circa la psichedelia imperante… “è tutto frutto non solo di espansione mentale ma è anche questione di una perfetta imperfezione”.
Introducing Night Sound è il nuovo e terzo step del quartetto, nove tracciati “out conscious” dove la psichedelia copula con le fumisterie beatnik anglo-americane, uno scorrazzare beato in un continuo “caotico gran bel finale”, piccolo gioiellino indie che rivela la vera attitudine della band, quella di “essere sopra” le coordinate di un certo rock, un medley ispirativo che pare uscito dai cassetti mnemonici di Arcadium, The Palace Guard, Mabel Greer’s Toyshop la titletrack o – per rimanere nel contemporaneo – certe disinvolture mistical alla Kula Shaker (“Karmabomb”), Barret (“Electric light”) e i Kasabian nelle indolenze psicotrope di “Can’t kill”, tutte filologie e compendi altamente oppiate ed eclatanti che fanno di questo registrato un vademecum sonoro per avvicinarsi davvero alle “porte cosmiche” tanto decantate da un giovanissimo Finardi tempi or sono.
Ecco, acid-rock potremmo decifrarlo, ma oculatamente rivisitato e con una impronta personale di rispetto, non quella indecifrabilità da conservone dal quale viene fuori di tutto e di più. ma un viatico, una esplorazione elettrica e metafisica che trasvola ascolto e attenzione, una tracklist evanescente e allucinata che onora la trasversalità profonda della sua genesi e che ritorna – per mano di questi “psicorsonici alieni” – a diffondere integre le sue paraboliche, le sue luci accecanti, le sue poetiche alcaloidi; ottime le riletture convulse di “No one to depend on” di Santana e “Are you lovin’ me (but enjoy it less)” degli Electric Prunes (con molti echi floydiani) e letteralmente straordinario l’insert di “Silently shadows” che – oltre a chiudere questo viaggetto intergalattico non male – trascina con sé un walzerino malinconico d’organetto mid-balcanico che galleggia su tratteggi wave-shoegazer, come a dire “ la veduta del mondo da un oblò” di Togniana memoria o no? Introducing Night Sound, in carrozza salire e scorrere…si parte!!!
(Max Sannella)