Tornano dopo due anni quelli che della Chicago natia hanno preferito allontanarsi dalle periferiche stilistiche che loro famosissimi compaesani – vedi tra i tanti gli Smashing Pumpkins e Wilco – hanno invece indorato e portato alla ribalta alta qua e la per il mondo intero; tornano gli Smith Westerns e con loro il sottile tratto di indie-pop, qui racchiuso nel diametro del nuovo disco Soft Will, un disco che non brilla di strass glammy come il precedente “Dye It Blonde”, ma abbraccia senza nessuna remora il pop McCartneyano, quella leggerezza melodica e di buona fattura “nobile” ma che forse – probabilmente – a causa delle troppe dosi di glucosio sonoro non li farà affezionare molto alle file dei nuovi fans.
Il quartetto americano non riesce ad esprimere veramente quello che si era già prefissato negli esordi, la traversata sonora effettuata in questo ultimo lavoro non rende giustizia alla loro creanza “indigena”, anzi assolve a spada tratta una peculiare disinvoltura a ricercare una scrittura blanda e a tratti “pesantemente” vuota, gonfia di debiti ed assonanze quasi da far arrossire addirittura chi li ascolta, ma se non si hanno pretese ed occorre un sottofondo qualsiasi per ammortizzare qualche silenzio increscioso, tutto fa brodo.
Si, il “Baronetto” per eccellenza è presente come un’ombra di un pomeriggio assolato, lo si afferra ovunque e crediamo che le suggestioni meccaniche dei brani siano come un tributo involontario, ma i motivi di “probabile plagio” si spostano anche più in là come la “carta calcante” di “XXIII” che è la copia sputata di “The Great Gig In The Sky” di Floydiana memoria, o la spennata della ballatona alla R.E.M. che “Fool Prof” prova a mascherare dietro una epica pop senza riuscire nell’intento; qualcosa si salva all’angolo come la Lennoniana liturgia di “White Oath” ma è il consueto fuoco di paglia che, a discapito dell’aggettivazione, non scalda, non arde e tantomeno attizza.
Per scorrere scorre, il classico flop “ascoltabile” cui concedere qualche ascolto mentre si corre – con le cautele del caso – in macchina.
(Max Sannella)