Quinto album per la formazione dei The Phoenix Foundation, il combo della Nuova Zelanda che nonostante una certa presenza sulle scene di Wellington sembra sempre giocarsi le carte per sfondare sul mercato internazionale; Fandango, inno alla perseveranza dell’DIY al confine con una tenue psichedelica che fa riferimento a leggerissimi rabbugliamenti waves, è il classico disco che si ascolta magari in macchina o nei momenti atmosferici di passo, arrangiamenti strutturati in dissolvenza e una voce minimalista dal sapore latentemente malinconica, un climax sottilmente nebbioso e sgranato, ma di buon effetto se centellinato.
All’incirca una ottantina di minuti di sospensioni e bilichi, sensazioni volanti e ritmi pop, niente eccentricità o concessioni di sintetismi, come del resto flebili risvegli e pochi passaggi memorabili ma che comunque mantengono le aspettative dei precedenti dischi della band; in generale un easy listening programmatico che porta l’attenzione a noti Crowded House ed in certi tratti l’affondo poetico di una tenerezza risentita, soprattutto per i temi d’amore trattati o, per sporgersi più in la, nell’indolenza di lontanissime risacche west-coastiane (“Corale”, “Walls”). Dodici brani in scaletta che si giocano tutte in un ascolto, forse la promessa di poter scrivere canzoni per questa band non rimarrà totalmente espressa, ma con questa ricchezza di melodico il sottofondo l’aspettarsi qualcosa che ruggisca in surplus ci vorrebbe, ma rimaniamo sempre all’interno di un fattore interessante, aspettando prima o poi che la grande scossa, il cortocircuito generale prenda il sopravvento.
Al momento contingente vanno bene le onde sixsteen (“Modern rock”), gli Ottanta lucidi (“Thames soup”, “Supernatural”), lo zigrinato da clubbing (“Sideways glance”) e i lunghi diciassette minuti e quaranta secondi di “Friendly society”, l’eccezione riflessiva di un piccolo incanto da cui farsi incantare. Disco che quanto a colpire totalmente nel segno non si può dire a quattro ganasce, ma che ci arriva vicino lo si può ammettere tranquillamente.
(Max Sannella)