“Eppur si muove” diceva una forma romanzata di Galileo Galilei all’inquisizione, e mi ritrovo a ripeterlo ora fra me e me, fissando un piede che non riesce proprio a rimanere fermo ascoltando “Dreamers”, singolo estratto dall’ultimo album dei Savoir Adore, Our Nature. Che dire? Non riesco a tener ferme nemmeno le spalle, vengono prepotentemente ed inconsciamente trascinate in un vortice di musica pseudo dance elettronica, un cocktail di movimento e ritmo da far girare la testa.
Sono newyorkesi, sono giovani e carini, i Savoir Adore sentono dentro di loro di poter condensare tutto ciò che c’è di indie al mondo, incarnano con i loro 14 brani un sound talmente particolare da trovare le sue origini a metà fra un passato non troppo lontano ed un futuro prossimo, due periodi che alla fine toccano il presente senza annullarsi a vicenda. È un album moderno e terribilmente coinvolgente, leggero, i testi di certo sono permeati di un profumo pop delizioso e frizzante, niente di impegnato, l’amore è quasi al centro della scena, il protagonista indiscusso come in “Lovelist creature”. “Sparrow” invece rappresenta il primo brano a cui seguirà anche “Immagination” con un sound esclusivamente pop, è un classico, le cartucce vanno risparmiate, ma riusciranno i Savoir Adore a sparare le ultime senza cadere troppo in una ripetitività banale? Grazie al cielo si, in un contesto come il nostro in cui la crisi, il disfattismo dominano padroni, questa ventata di gaio e candido profumo permette al cervello di riposare sulle note di “Anywhere you go”. La mia teoria riguardo all’eccessiva pressione che un gruppo sente nel dare il titolo al proprio album si rivela azzeccata anche in questo caso, la canzone omonima “Our Nature” non è decisamente al livello delle altre perchè dopo ben sette canzoni, arrivati dunque a metà album, questo voler strafare dando alla traccia una verve eterea eccessivamente stereotipata rovina il brano. È ansia da “nome all’album” questa. Con “Regalia”, “At the same time” e “Beating hearts” si rimane sempre abbastanza sul solito livello, il passato sempre presente, ma niente di esaltante, si c’è da muovergli la critica di una leggera monotematicità, sia dei testi che musicalmente parlando, ritornelli infiniti per quanto potenzialmente piacevoli che ad ascoltare di seguito l’intero album possono pesare ad orecchie meno allenate. “Speed bump”! Ecco la cartuccia sfoderata giusto nella triade finale, un sound alla Daft punk, e finalmente una variazione musicale non indifferente, adorabile, di una psichedelia elettronica deliziosa.
Riassumendo bisogna ammettere che con una carica dance di questo livello “Our nature” è un album che ti entra abbasanza nel cervello, con la leggerezza tipica del pop più artisticamente impegnato, ce la faranno il due newyorkesi a sfondare nel panorama della musica italiana? Speriamo di si per l’Italia.
(Chiara Manera)