Come deve essere il cantautorato al giorno d’oggi? Ha ancora senso un cantautorato basato su accordi di chitarra e voce? O è necessario oltrepassare questi limiti strumentali? Un discorso che oramai si è tradotto in una chiacchiera da bar. Esistono ancora musiche che si rifanno esplicitamente ad un’estetica songwriting classica che affonda le sue radici nel passato (e quanti frutti ancora freschi riesce comunque a dare), ma esistono anche delle musiche dove la figura del cantautore è completamente cambiata. Fabrizio Testa lo possiamo inserire in questa seconda categoria, che contiene di tutto e di più ma che ogni artista plasma con le sue tecniche, i suoi suoni e le sue emozioni.
Il disco è frutto della mente del solo Testa, titolare della Tarzan Records, italiano impiantato a Parigi che proprio lì ha registrato in solitudine questa sua opera prima. In realtà Fabrizio è qui accompagnato da una pletora di ospiti di alto livello quali Roberto Bertacchini (dei troppo presto dimenticati Starfuckers), Cesare Malfatti (La Crus), Alessio Gastaldello (Mamuthones), Luca Barachetti (Bancale), Gianni Mimmo (celebre sassofonista fondatore di Amirani Records), Miro Snedjr (Death In June) e Alessandro Camilletti (Psycho Kinder). Questi ospiti danno appoggio alle elucubrazioni di Testa, accompagnandolo nelle sette tracce che compongono questo piccolo gioiellino dell’underground italiano. Questa musica metafisica è una musica che vive di luci e di ombre, vive di ciò che si vede e di ciò che invece resta in penombra, è necessario un ascolto profondo per afferrare l’essenza vera e propria della musica. Il viaggio inizia con “Alce e martello” dove un sax sghembo entra con le sue melodie contorte mentre dei colpi asimmetrici dati ad una porta fanno quasi da base ritmica. Su questo maelstrom si inserisce un cantato al confine con una interpretazione teatrale. “Crudo” invece è forse il pezzo che più si inserisce nella tradizione, una ballata per pianoforte (suonato da Miro Snedjr) e voce spettrale, ma anche qui la tradizione non è abbastanza per Testa che inserisce un intermezzo con una voce campionata che prepara il ritorno in scena della voce principale con le parole crepuscolari “il mio cuore è un organo crudo che drena rabbia e campane”. In “Le terme” invece ci troviamo tra delle nebulose che scorrono in sottofondo creando una sorta di cortina ambient su cui prende pian piano il sopravvento la voce di Luca Barachetti. “Cesenautico” è uno dei pezzi migliori del lotto, un loop dark di note basse in reverse, poi la voce di Alessio Gastaldello che declama una desolazione esistenziale e nient’altro. La chiusura del disco si ha con “Mastice”, un declamare sguaiato, un coagulo di suoni inframezzati da fiammate elettroniche che segnano la degna conclusione di questo viaggio.
Un disco che regala molte emozioni, che riesce a superare i limiti evidenti di un cantautorato italiano contemporaneo, perso in continue riproposizioni di schemi già pienamente consolidati ed esauriti. Un suono diverso e intrigante, un disco breve che speriamo possa essere introduzione ad un disco più lungo e completo. Un piccolo gioiellino da custodire comunque con massima cura.
(Matteo Moca)