Dopo l’ottimo EP Lenea, uscito ad inizio 2012, Omid Jazi, già “quarto Verdena” nell’ultimo tour della band bergamasca, sfodera un disco notevole, in cui riesce a miscelare alla perfezione pop ed elettronica, creando un qualcosa di estremamente accattivante e piacevole. Fin dalla prima traccia, “L’aura”, si capisce che si andrà ad ascoltare un lavoro di ottima qualità, in cui la ricerca sonora, volta comunque alla sperimentazione elettronica, si accompagna a sonorità orecchiabili, un po’ Depeche Mode, un po’ Battiato per intenderci.
Le successive “Ossitocina” e “Taglia le paranoie” erano già contenute in “Lenea”: nella prima chitarre elettriche e synth si danno del tu creando delle dinamiche intense, che esaltano il timbro vocale particolarissimo di Jazi, nella seconda prevale la sperimentazione, unita comunque ad un ritornello che si appiccica in testa. Bellissima “Le connessioni”, brano beatlesiano nel suo sound da ballata: lieve e dolcissima, con il glockenspiel a impreziosire l’atmosfera e a fare da perfetto tappeto per la voce eterea di Omid Jazi, che si conferma straordinario interprete oltre che musicista. In “Orsetto polare” fanno la comparsa ritmiche simil-caraibiche (favorite dalle percussioni), che in realtà rimandano agli anni ’60: un pezzo vintage, rilassato e fluttuante. Con “Pensiero magico” siamo di nuovo di fronte ad un pezzo già contenuto in “Lenea” (e questo a dimostrazione della qualità di quell’ep); blues-rock venato di elettronica minimale e liriche sinuose e sensuali, così come sensuale si muove la voce di Omid Jazi, pulitissima e dall’estensione incredibile: il cantautorato anni ’60 italiano ha trovato un erede straordinario a livello sia strumentale che vocale. Chapeau. “Memoria allocata” incastra l’amore per l’elettronica di Jazi con uno spirito punk finora inedito: suona come i CCCP riletti dai Bluvertigo più estremi. La successiva “Giulietta ha le chiavi” è una ballata atipica già contenuta nel precedente EP, un pezzo tutto da ascoltare, che ancora una volta mostra le qualità di Jazi e la sua vocalità superba. Da brividi. “Reuptake” è la traccia spartiacque del disco: trenta secondi di puro divertimento all’insegna ancora dell’elettronica che sono utili ad introdurre la splendida “Percorso della salute”, una ballad allucinata e psichedelica che è, a mio avviso, il brano migliore del disco; un gioiellino che sa unire attitudini sixties e amore per la psichedelica con uno spirito finto scanzonato e liriche in realtà piuttosto cupe: un mix che è estremamente accattivante. Anche “Indaco” è una ballata allucinata, preambolo a una “Kreuzberg” che torna su dinamiche più elettroniche, fondendole con una cupezza di fondo che fa pensare ancora una volta a certe produzioni dei Depeche Mode. “Tira con l’arco” è sicuramente il pezzo più rockeggiante del disco: un sound distorto con tanto di percussioni iper-ritmate, che invita a muoversi e ballare. Ancora atmosfere da ballata nella bella “Immagina di capire”, di cui spicca lo splendido testo, costruito attraverso le immagini più varie. La chiusura è affidata ancora all’elettronica filo anni ’80 di “Hai un occhio carino” e a quella “spaziale” di “Onassis”, vero e proprio “brano epilogo” di appena un minuto e mezzo, che racchiude bene la genialità espressiva di Omid Jazi.
In sostanza il musicista perugino (ma modenese d’adozione) sfodera un disco che sa toccare sia le corde della sperimentazione che quelle del pop, unica richiesta che vi farà questo disco è quella di doversi ascoltare con attenzione, per coglierne tutte le notevoli sfumature
(Alessio Gallorini)