All’inizio furono gli Edwood, e con tre dischi, “Like a movement” del 2004, “Punk music during the sleep” del 2007 e Godspeed del 2010, fecero un piccolo miracolo, riuscirono a conquistare anche i più irrimediabilmente esterofili. Uno metteva sul piatto, o in radio, un pezzo come “The Pianist” (da “Godspeed”) e si sentiva chiedere da quale parte del Regno Unito venissero gli Edwood, tutti ponti a immaginarsi la nuova indie-band inglese da scalata alle classifiche: nessuno voleva crederci che venivano da Brescia. Ma uno aveva appena iniziato a spiegare a quelle facce tra lo stupore e la delusione che anche in Italia si fa musica di livello internazionale, e non solo sciacquettii da talent o clonazioni di cariatidi, e gli Edwood, puf, erano già scomparsi dalla scena. I fratelli Campetti, Fabio e Michele, anima della band, si erano già dedicati a un altro progetto musicale in italiano, gli Intercity, pubblicando nel 2009 l’album Grand piano, consensi abbestia: e nel 2012, accantonati gli Edwood, i nostri escono come Intercity con un album strepitoso intitolato Yu hu. Non si fa in tempo a dire che le band di livello internazionale possono anche cantare in italiano, anche se vengono da Brescia, che pure gli Intercity, puf, si spappolano nel blu. Ma non i fratelli Fabio e Michele, che con il nuovo nome di Campetty risorgono come la Fenice e tornano, insieme a Paolo Mellory Comini e Gian Nicola Maccarinelli, con il loro primo disco (un altro esordio, ma non gli fa fatica?) intitolato La raccolta dei singoli e in uscita il 31 maggio. Non vediamo l’ora, davvero, di (ri)scoprirli, e intanto godiamoci in anteprima questa stralunata “The Muffa Forest”.