In tedesco, Slangenmensch significa contorsionista, come da figura un po’ retrò che campeggia in copertina del nuovo album dei Rigolò. Difatti, si tratta di un disco che è pura contorsione musicale tra post rock, nu-folk, indierock e un pizzico di psichedelia. Come sa chiunque ne abbia visto uno, l’immagine che il contorsionista rimanda non è certo quella dell’innaturalezza dei suoi movimenti, ma quella di un’armonia che ha quasi del soprannaturale, e di un’eleganza dovuta al grande esercizio e alla padronanza dei propri muscoli. Trasportate la metafora in musica,e avrete lo “Slangenmensch” dei Rigolò, progetto musicale capitanato dall’ex Comaneci Andrea Carella.
L’album apre meravigliosamente con “Hellas”, il pezzo forse più bello, quello da cui i Rigolò hanno tratto un affascinante video che campiona le immagini della splendida Odissea televisiva di fine anni Sessanta con Irene Papas e Bekim Fehmiu. Ed è una meraviglia anglo-mediterranea impreziosita dal violoncello di Jenny Burnazzi, anche lei ex Comaneci, e adesso nei Rigolò con Carella e Massimiliano Rassu al basso. Dopo la chiara apertura di “Hellas”, il contorsionismo dei Rigolò si fa più scuro con “Out of this town”, e gli archi che in “Hellas” mostravano la rotta tra le chiare acque greche, si distorcono qui in più fredde tempeste di pioggia nordeuropea. “Growing” ha il tiro in crescita del miglior rock anglosassone, “Keep down your dark side” ha un intro di gran classe che si tuffa poi in sovrapposizioni vocali di grande bellezza per esplodere delicatamente in un folk rock di rara eleganza con accenti improvvisamente psichedelici. Poi c’è “Crows on my head”, ballata di suggestiva raffinatezza, come del resto “The soldier”. Chiude il disco una splendida “Ninnananna” in cui torna a soffiare quel vento anglo-mediterraneo che caratterizza tutto l’egregio lavoro dei Rigolò: “Don’t be afraid of the sky, my son, don’t be afraid of the sea”. Ed è così lungo tutto il disco: la musica si staglia tra mare e cielo, tra l’Olimpo e il Baltico, ed è un potente soffio di vento nuovo. Il violoncello di Jenny Burnazzi regala brividi ed è come una seconda voce. Quella di Andrea Carella è quasi sempre magnificamente soffiata. Da citare anche le sapienti collaborazioni di Paolo Mongardi (Ronin, Zeus!, Fuzz Orchestra) alla batteria, e Alessandro Romagnoli (Missiko) a ukulele e marimba.
“Slangemensch” è un inno alla bellezza, intesa come ricerca di sonorità nuove che derivano dalla conoscenza della musica, da quel rimettere insieme diverse tradizioni in un unico corpo musicale che diventa in grado di compiere anche le più azzardate, magnifiche ed eleganti contorsioni.
(David Drago)