Fuori dall’inferno, dritti nella vostra testa: gli Zeus! evadono con Snake Plissken dalla Manhattan trasformata in supercarcere di sicurezza di 1997: fuga da New York per mettere a soqquadro le orecchie del mondo civile e perpetrare il loro assalto giugulare iniziato con l’omonimo album di debutto uscito nel 2010. Opera, la nuova efferatezza della creatura bifronte formata da Paolo Mongardi e Luca Cavina, infila 11 micro-bombe metal per un totale di 32 minuti secchi di riff.
Pillole di violenza ragionata, geometrica, minimale – basso e batteria, con innesti di theremin e chitarra, dovuti all’apporto rispettivamente di Vincenzo Vasi e Nicola Ratti – per lo più strumentali; la voce, quando c’è, si fa urlo primordiale grindcore ed è affidata ad un ospite di tutto rispetto: Justin Pearson dei The Locust, il quale si dà il caso sia il boss dell’etichetta statunitense Three One G, da questo disco casa oltreoceano degli Zeus!. L’ascolto certo non è adatto a tutti i palati e al primo giro di stereo Opera potrebbe risultare un filo monocorde, sensazione però smentita già al secondo tentativo. Mongardi e Cavina scavano il metal fino a metterne a nudo i noumeni e da questi partono per ricrearlo scevro di inutili orpelli, trasformando il riff in un modulo compositivo da combinare in un arcobaleno di violenza sonora, pronti ad azzannare la mano alle loro stesse influenze.
Per quanto non inventino nulla, gli Zeus! non assomigliano a niente e nessuno, sia che occupino baluardi post-metal sia che invadano le lande desolate del doom. “Opera” è un ascolto tanto affascinante, quanto disturbante; non si lascia mettere da parte facilmente e pretende attenzione: la vuole, la cerca, non si accontenta di fare tappezzeria a guisa di sottofondo alle vostre attività. Già solo per questo motivo è un album da provare, almeno due volte.
(Francesco Morstabilini)